homeland
da Homeland stagione 2
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Ne L’incontro, quarta puntata di Homeland, assistiamo al protrarsi delle uscite pubbliche del sergente, che manda in visibilio folle di giovani militari; la vicepresidenza non sta a vedere e invia un proprio braccio operativo, Elizabeth Gaines (Linda Purl), a colloquiare con David Estes per parlare di Brody e capire fino a che punto e in che modo il governo possa approfittare dell’eroe di guerra. Viene addirittura vagheggiata l’opportunità di un incarico di governo per il marine; inutile sottolineare come all’ambizioso Estes vengano prospettati ulteriori avanzamenti di carriera in cambio di aiuto su questo poco nobile versante della questione Brody. Questi, in privato, è scettico rispetto alla recita in cui si sta cimentando – lo dice, per esempio, a Mike – ma si cala nei richiesti patriottici panni senza esitare.

 
 

Alla fine della puntata precedente, Insospettabile, Saul aveva esposto a Carrie le sue ipotesi sulle forme della transazione finanziaria a favore di Abu Nazir sulla quale la Mathison stava indagando; Berenson aveva parlato di spostamento di denaro attraverso i gioielli, in sintonia con i costumi dei popoli nomadi. Nell’era di Ebay, del denaro volatile, della tracciabilità totale, il terrore ricorre alla tradizione, al mercanteggiare del deserto. Il veicolo del finanziamento in questione è la collana della povera Lynne  Reed, fatta uccidere, come si è compreso nella coda del terzo episodio, non dal principe Farid – in fin dei conti, un ricchissimo e infantile viveur – ma dal maggiordomo di questi, Latifa Bin Walid. In questo quarto episodio, ecco che le sagge supposizioni del mentore di Carrie si sono già concretizzate in una decisiva indagine. In un briefing, di fronte agli analisti, Carrie spiega che il servitore del principe Farid, poche ore dopo la morte di Lynne, si è recato in una lavanderia; come si vede sui monitor, Latifa aveva con sé una busta contenente, con ogni probabilità, la gioia sottratta alla favorita del signore saudita. Dall’arrivo dell’oggetto, 51 persone sono entrate nella lavanderia: l’indagine si deve spostare su ciascuno di loro, poiché potenziali nodi della rete del terrore, andati a prendere il gioiello o direttamente la somma derivata dalla sua vendita. Lo spettatore, ricordandosi della trattativa tra Latifa e un uomo intento ad esaminare la collana in una buia stanza piena di vestiti, può facilmente capire che si tratta della seconda ipotesi; inoltre, guardando le facce catturate dalle camere di sorveglianza dei 51, se ne nota una conosciuta, cioè quella del giovane e premuroso marito d’origine asiatica (Omid Abtahi) che, nell’estrema propaggine della terza puntata, abbiamo visto, in compagnia della moglie occidentale, di fronte a una casa appena acquista. Pagata in contanti: quei contanti provenienti dalla vendita della collana di Lynne. L’innesco dell’affaire lavanderia, felice mossa di Carrie, si accompagna a una brutta notizia per la bella Mathison: Saul le comunica che deve smantellare al più presto il sistema di camere e cimici di casa Brody. Le quattro settimane di sorveglianza autorizzata, infatti, sono ormai terminate e, secondo Berenson, se il sergente è passato al nemico, sarà la stessa indagine sul finanziamento partito da Latifa Bin Walid a confermarlo. Così Carrie, a malincuore, smantella tutto il sofisticato complesso, approfittando di un’assenza della famiglia, recatasi a messa. Si apre in questo frangente una delle più belle sequenze offerte sin ora dalla serie: prima vediamo le immagini della chiesa, assistiamo all’intonazione di un canto sacro (al quale il “nostro” convertito partecipa con riluttanza, aprendo appena la bocca) e poi, con il canto che prosegue, assistiamo alla certosina rimozione di occhi e orecchie elettronici e al contatto di Carrie con le stanze e le cose spiate per lunghe settimane. L’agente cerca, in questi ultimi momenti utili, un segno tra gli oggetti, tra quelle pareti in cui sente vivere il germe del male; e arriva anche al lungamente inaccessibile garage, dove tocca il tappetino che Nicholas usa per pregare, la ciotola d’argento in cui il sergente si lava le mani prima di volgersi verso La Mecca. Alla Mathison non resta che lasciare la casa con un carico ancor maggiore di dubbi; sembra profondamente segnata dal contatto, non mediato da un monitor, con il campo della sua voyeuristica battaglia.

Fuori dalla chiesa, finita la funzione, Brody è invitato dal consigliere Gaines a un pranzo destinato a far diventare il marine una determinante pedina politica; a pochi passi da loro, colloquiano Jessica e Mike: questi è preoccupato per la piega che, per forza di cose, ha preso il loro rapporto, e teme che lei non stia bene. Inoltre, è in pena perché pensa che Nicholas abbia capito, o saputo, di loro due. Jessica fatica a rispondergli, tenta di rassicurarlo e gli dà appuntamento per la sera seguente: a casa Brody sarà infatti data una piccola festa.

Torniamo a Langley. Estes mette il giovane agente Danny Galvez (Hrach Titizian) in coppia con Carrie e gli ordina di capire se il personaggio di Claire Danes stia nascondendo qualcosa all’agenzia. Indi, Galvez e la Mathison si mettono sulle tracce di uno dei 51 potenziali uomini di Al Qaeda: si tratta proprio dell’uomo arabo visto alla fine della terza puntata. Si chiama Faisel ed è un docente di ingegneria. Seguono la sua auto dopo che è uscito dall’Università; avvisata da misteriosi supervisori, la moglie di Faisel espone una bandiera americana alla finestra, un segnale che fa sì che l’uomo non si fermi a casa ma continui a procedere. Come raccontano Carrie e Galvez a Estes la sera stessa, in un pub, hanno seguito il professore tutto il pomeriggio e lui non ha fatto nulla di strano, concludendo la giornata con una cena presso un ristorante marocchino. Un’altra squadra è posizionata nei pressi della sua abitazione. Insomma, pare proprio che non si tratti dell’uomo giusto. Galvez, con un pretesto, lascia soli Carrie e Estes; i due chiacchierano del loro difficile rapporto, viziato da una relazione sentimentale finita male parecchi mesi prima, costata il matrimonio ad Estes. Pare che, tra un sorso di birra e qualche parola di pacificazione, si stiano modellando le basi per un rapporto finalmente più sereno.

Eccoci a casa Brody, la sera del party. Jessica parla con un’amica, toccano il tasto dolente dei problemi sessuali con Nicholas. Sopraggiunge Mike, accompagnato da una volgare bionda, la cui presenza infastidisce la signora Brody. Il sergente, al solito schivo, si allontana dalla folla, va in garage e arma con cura la sua pistola: siamo a un passo da un gesto sconsiderato? Mentre Mike lo cerca, si sentono due spari. Tutti accorrono: Nicholas è nel giardino, ha abbattuto un cervo che da qualche giorno s’inoltra nel giardino. Jessica, lo affronta, si arrabbia con lui per il gesto assurdo e dice che, se non cercherà un aiuto per risolvere i suoi problemi, le sue turbe, lei “getterà la spugna”. Nick pare tutt’altro che toccato dalle parole della moglie, convinto d’aver fatto una cosa normalissima.

Ma c’è un’altra casa da tenere d’occhio… quella, a due passi dall’aeroporto, di Faisel. Lui vorrebbe cambiare casa, ha paura che li possano scoprire, ma la moglie lo invita a comportarsi normalmente, andando a fare lezione; resteranno lì, in accordo con le istruzioni ricevute.

Carrie non si dà pace per la fine della sorveglianza. Come le fa notare Saul, in un certo senso sente la mancanza del “suo” osservato speciale, Brody. Questi, la sera successiva alla sconvolgente uccisione del cervo, decide di recarsi, per la gioia di Jessica, a un incontro per veterani, in chiesa. Carrie, che cerca come può di portare avanti il monitoraggio della vita del sergente, lo pedina in auto fino al parcheggio dell’edificio. Poi scende, gli va dietro a piedi, entra con grande accortezza, senza farsi vedere. Inizialmente, quando ancora una decina di metri la separano da Nicholas, già mescolatosi con gli altri ex combattenti, la Mathison pare intenzionata ad andarsene; in un secondo momento, decide di consumare definitivamente ogni distanza di sicurezza. La vediamo, infatti, andare a scontrarsi, quasi vinta da un’ineludibile attrazione, con il sergente. Si guardano negli occhi, si riconoscono. “Io non dovrei essere qui”, dice lei, ed esce. Brody la segue, vuole fermarla. Ecco che si ritrovano, dopo la fredda circostanza del briefing (nel pilot), faccia a faccia. Nick la invita a rientrare in chiesa con lui, lei risponde di non potersi permettere di tornare là dentro sapendo che qualcuno la conosce. La situazione prende una piega sorprendente: i due, superato il confine schermico delle microcamere, non si guardano come opposti strateghi. Al contrario, c’è una freschezza quasi adolescenziale nella loro vicinanza, nelle parole che scambiano. Carrie si allontana dal sergente, raggiungendo la macchina. E’ scoppiato un acquazzone: Brody s’inzuppa immobile, nel piazzale, invocando la giovane agente. L’espressione un po’ divertita che ha Carrie mentre monta in auto – forse si è innamorata di quell’uomo che da materia digitale in bianco e nero si è fatto carne? – come anche quella sognante di Nicholas rendono davvero sadico il calar del sipario. Occorrerà attendere la quinta puntata per continuare a sorvegliare – non servono autorizzazioni, soltanto pazienza – l’analista e il sergente. E, in questo bell’idillio con cui si congeda L’incontro, chi ha ancora voglia di pensare ad Abu Nazir?

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