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Nel sesto episodio di Homeland, intitolato La macchina della verità, la vicenda si fa, se possibile, ancor più tesa e complicata. La puntata comincia con Carrie che scruta il video della colluttazione tra Brody e Hamid, cercando di capire se il marine abbia passato la lametta al prigioniero, propiziandone il suicidio; come già intuibile dalla fine del quinto episodio, il personaggio interpretato da Claire Danes ha deciso di non lasciare l’agenzia e perseverare caparbiamente nell’indagine. Decisa a incastrare Brody, propone ai superiori, con successo, una seduta al poligrafo, cioè alla “macchina della verità”, per tutte le undici persone che, avendo avuto contatti con il prigioniero, potrebbero avergli passato la minuscola e letale lametta. Tra questi, c’è anche Saul: con un breve dialogo, lui e Carrie sotterrano, almeno momentaneamente, l’ascia di guerra, dopo l’acceso scontro notturno della quinta puntata. La bella Mathison, poco più tardi, supera brillantemente la prova del poligrafo; stesso risultato per David Estes. Nel frattempo, Saul si è recato nei pressi della casa abbandonata dal professor Fajsel poche ore prima, rivoltata da cima a fondo dagli agenti senza trovare nulla di significativo. Interrogando una vicina, Berenson comprende che il fuggitivo non è solo, ma è accompagnato da una donna, che viene identificata con un’attenta ricostruzione delle sue tappe biografiche: si tratta di Aileen Morgan (Marin Ireland), 28enne di famiglia facoltosa con una lunga militanza nei movimenti antagonisti.

 
 

Il suo passato viene scandagliato ed emerge come l’incontro con Fajsel risalga a quando Aileen, ragazzina, viveva in Medio Oriente a causa del lavoro dei genitori; inoltre, si ipotizza che sia stata lei a trascinare il compagno saudita nel suo criminoso piano, e non viceversa. Tale supposizione è avvalorata da quanto allo spettatore è concesso vedere e sapere della fuga dei due: Fajsel è confuso, impaurito, Aileen è invece forte e decisionista. La ragazza, alla guida, sfreccia nella campagna americana diretta verso la casa dove devono incontrarsi con dei loro sodali terroristi: tuttavia, giunti alla meta, sperduta in mezzo ai campi, la Morgan si accorge che c’è una bomba pronta a farli saltare in aria al loro ingresso nell’edificio. I due rimontano in auto e si allontanano a tutta birra. Lasciamoli un attimo e dedichiamo un po’ d’attenzione a Brody. Il sergente, in questa puntata, commemora con un discorso sobrio e toccante il commilitone Tom Walker, il cui funerale, ora che Brody ne ha confermata la morte, può essere officiato. Al termine della funzione, Carrie si palesa per convocare il sergente: lo attende il poligrafo.

Fissano l’appuntamento per la mattina successiva. Al rinfresco post funerale, dato nel giardino dei Brody, uno dei veterani presenti, Lauder Wakefield (Marc Menchaca), spezza l’atmosfera di rilassata goliardia tra ex commilitoni criticando aspramente il comportamento di Brody, tanto impegnato nella recita dell’eroe americano, e si scaglia contro le guerre in Afghanistan e Iraq; infine, rompe ogni ipocrisia dicendo che, durante l’assenza di Nicholas, sua moglie era l’oggetto del desiderio di tutti loro. Mike non può sopportare una così chiara allusione alla sua relazione con Jessica; si scaglia sull’invalido Lauder, lo colpisce. Brody ha così l’occasione per sfogare tutta la sua rabbia verso “zio Mike”: lo prende a pugni, lasciandolo a terra malconcio, poi se ne va, abbandonando casa e invitati. Intanto, a Langley, Saul deve momentaneamente lasciare la caccia a distanza a Fajsel e Aileen – è Carrie che ne tiene le redini – per sottoporsi alla macchina della verità. La cosa lo turba, non è tranquillo; il “No” con cui risponde alla domanda cruciale – cioè se abbia dato o no la lametta ad Hamid – fa incredibilmente inarcare l’onda del poligrafo. L’operatore che pone i quesiti, Larry (James Urbaniak), gli chiede di rilassarsi, interpretando l’inatteso responso come frutto della tensione; tuttavia, per chi guarda, questo piccolo evento è un’altra spira impazzita tra le nebbie e i rivoli del racconto. Saul, innervosito, non completa il test e se ne va; come dice a Carrie, appena la raggiunge, lo terminerà il giorno seguente. Un istante dopo, il cellulare della Mathison squilla: è Brody.

Al bancone di un pub, un po’ brillo e con il ghiaccio sulla mano fresca di cazzotti, il sergente spiega a Carrie che non può affrontare, l’indomani, la macchina della verità. “Se dicessi il mio nome”, asserisce Nick, “suonerebbe come una bugia”; Carrie decide di raggiungerlo, intravedendo la possibilità di capire qualcosa di più e, magari senza confessarlo neanche a se stessa, perché attratta dal sergente, col quale – emblematico l’incontro alla fine della quarta puntata, fuori dalla chiesa – ha sviluppato una sorta di poco professionale sintonia. Al bar, tra un bourbon e l’altro, Carrie e Brody, semplicemente, flirtano; come due ragazzini in procinto di schiudere un amore. Difficile scorgere dietro gli occhi dolci e i sorrisetti di lei il profilo di un segugio con base a Langley: pare proprio che lo abbia messo da parte. Fanno qualche passo all’aperto, decisamente bevuti; arriva un ormai inevitabile bacio e, subito dopo, i due fanno l’amore nell’auto di lui. Dai sedili posteriori della vettura si passa repentinamente allo squallore di un tipico road motel americano; Aileen guarda la tv, Fajsel le ronza intorno, inquieto. L’arabo vorrebbe che si costituissero, ha paura; lei, inamovibile, cerca di rassicurare il fragile compagno. Si alza per andare a far pipì e, mentre la Morgan è in bagno, un’auto si arresta all’esterno. Un istante più tardi, parte una scarica di proiettili che crivella Fajsel. Finito l’attacco Aileen, scampata alla raffica, scappa dalla finestra della toilette e col cuore in gola si mette in fuga a piedi, nella notte. Così finisce la prima concitata giornata dell’episodio; nei pochi minuti che restano, si dispiegano gli eventi della mattina successiva.

Il primo è un mesto dialogo tra Saul, che rientra a casa dopo l’intera nottata passata alla CIA, e Mira. Lui le spiega d’aver chiesto a Estes il trasferimento a Nuova Delhi per starle vicino; Mira ha infatti deciso di tornare in patria e lavorare per la Croce Rossa. Tuttavia, Berenson subisce un duro colpo: la moglie non è entusiasta della decisione, anzi, vuole rompere, tornare in India da sola. Il personaggio di Patinkin è incredulo, amareggiato: è finita? Difficile anche la situazione in casa Brody; o, meglio, sulla soglia della bella villetta. Nicholas rientra, assonnato e in disordine, quando Jessica sta per accompagnare i figli a scuola in auto. La moglie lo ignora, come anche Chris, sconvolto dall’aggressione a Mike, al quale è molto affezionato. Solo la ribelle Dana si ferma a scambiare uno sguardo d’intesa con il papà. Intanto, a Langley, Saul, da poco scaricato dalla moglie, sta nuovamente sottoponendosi al poligrafo. Alla domanda sulla famigerata lametta, e al “No” dell’interrogato, questa volta non c’è alcuna sorpresa: possiamo fidarci di Saul. Esaurita la seduta di quest’ultimo, tocca al sergente Brody; eccolo che arriva, ben vestito e ripresosi dai bagordi di qualche ora prima, e comincia a farsi scandagliare dal poligrafo. Protetta da un vetro semiriflettente, lo osserva colei con cui ha condiviso, appena poche ore prima, alcuni minuti di sesso ad altra gradazione alcolica. Carrie pare ora guardarlo con occhi tutt’altro che amorevoli; gli fa la posta, pronta ad apprezzare la caduta del sergente, sicuro di sé e tranquillo, alla domanda sulla lametta. Tuttavia, quando il sergente nega serenamente d’aver fornito ad Hamid l’oggetto, il poligrafo lo giudica credibile; Carrie, in collegamento con Larry, fa ripetere la domanda, ma l’esito non cambia. La Mathison non si dà per vinta e, irritando Saul, che le sta a fianco, ordina a Larry di domandare a Nick se abbia mai tradito la moglie. Il “No” del marine è convincente per la macchina della verità: ma lo spettatore e, naturalmente, Carrie, sanno che le cose non stanno così. “Sta mentendo”, dice la Mathison a Berenson, senza naturalmente potergli spiegare perché ne sia tanto sicura e, risultando ancora una volta, agli occhi del mentore, intenzionata a forzare le cose a vantaggio della sua tesi.

Lasciando la struttura, la Mathison incrocia Brody nel parcheggio; il sergente le offre un passaggio in macchina, lei accetta, con quell’indecifrabile espressione, creata ad arte dalla Danes, già più volte incontrata, fondamentale per ritagliare gli instabili contorni e sentimenti del personaggio. L’episodio termina; cosa resta a chi, seguendolo, è ormai giunto a metà della serie? Per quanto (non) ne sa lo spettatore, c’è la possibilità che accadano molte e differenti cose. I sospetti di Carrie si potrebbero sgretolare, aprendo la strada a un amore che col terrorismo c’entra poco; oppure, all’opposto, gli apparentemente totali cedimenti sentimentali della donna nei confronti dell’oscuro redivivo potrebbero rivelarsi come controllatissimi tasselli di una strategia investigativa. Col solito serbatoio di punti interrogativi, e magari con qualche disperata domanda da lanciare in un forum di aficionados, non resta che attendere la settima mossa di questa serie che, come un bravo professore, dà tanto allo spettatore-studente e, da questi, tanto pretende in termini di attenzione e interpretazione.

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