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Dopo la partenza di Javadi, le cose tra Saul (Mandy Patinkin) e Mira (Sarita Choudhury) sembrano andare meglio, tant’è che lei tronca la liaison con Alan (William Abadie) e dà un’altra possibilità al suo matrimonio. Carrie (Claire Danes), dopo essersi sottoposta a una visita ginecologica, sembra decisa a non voler abortire. Grazie alle informazioni ottenute da Javadi, Saul e Carrie s’impegnano a scoprire l’identità dell’attentatore di Langley, il primo per senso del dovere, la seconda per scagionare definitivamente Brody (Damian Lewis). Sfruttando la conoscenza tra Dar Adal (F. Murray Abraham) e Bennett (Martin Donovan), Carrie e la sua squadra organizzano un piano per spingere Paul Franklin (Jason Butler Harner), il tuttofare dell’avvocato, a condurli dal diretto responsabile dell’attentato. Qualcosa va storto e Carrie deve scegliere se salvaguardare la sua copertura, e quindi l’operazione con Javadi, o dimostrare l’innocenza di Brody. Nel frattempo, a sua insaputa, Saul parte per un viaggio all’estero.

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A Red Wheelbarrow si rivela l’episodio più stratificato a livello narrativo della terza stagione e forse è per questo motivo che a scriverlo insieme a James Yoshimura (Treme) c’è anche lo showrunner Alex Gansa (24, X-Files). Oltre alla storia principale relativa all’operazione top secret, già intricata di per sé, si ritagliano una buona fetta della puntata le vicende personali di tre figure femminili: Carrie, Mira e Fara. Se gli sceneggiatori si erano soffermati in precedenza su i problemi delle prime due donne, solo adesso la loro attenzione si concentra per la prima volta in modo chiaro sulle questioni irrisolte di Fara. Tuttavia, seppur strettamente private, le tre diverse situazioni non si isolano dal filone drammatico principale, ma anzi ne condizionano gli sviluppi, costruendo la fitta rete di collegamenti tipica di Homeland.

A rendere molto interessante quest’ottavo episodio non è solo il variegato intreccio della trama, ma i due colpi di scena nella parte finale, che in entrambi i casi, non sono seguiti da una spiegazione, ma da altre domande. Nei sette minuti che passano tra una svolta narrativa e l’altra, il regista Seith Mann (Elementary, Californication) mette in scena una sequenza molto intensa e coinvolgente, nella quale ritroviamo l’attaccamento verso il personaggio della Danes.

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Se quest’anno la prima parte di Homeland si può considerare una fase di ricerca e preparazione in vista di significativi sviluppi drammatici, questo episodio sembra dare inizio alla fase successiva, più accattivante nell’economia generale della stagione. Peccato che gli ascolti, ancora in calo (1.78 mln), non ne rispecchino il giusto valore.
Il prossimo episodio, One Last Time, andrà in onda il 24 novembre su HBO.

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