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Hostages

 
 

Nella settima puntata di Hostages vengono introdotte numerose novità a livello narrativo che mettono in scena nuovi possibili eventi che si concludono con il solito, e abbastanza facile, colpo di scena. Il nodo principale dell’episodio è un tentativo morbido da parte di Duncan (Dylan McDermott) ed Ellen (Toni Collette) di progettare un ribaltamento di situazione. Se il primo cerca di ammaliare l’anello debole della famiglia, Brian (Tate Donovan), a convincere sua moglie ad uccidere il Presidente Kincaid (James Naughton). Ellen ricorre ad un inaspettato amico del passato per eliminare l’agente dell’FBI.

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In questo nuovo percorso narrativo, finalmente si comprende il motivo per cui Ellen è stata coinvolta e quali sono le motivazioni, già accennate precedentemente, per portare a termine il complotto. La storia non sarebbe sbagliata se non ci fossero delle forzature. Ellen poteva intuire la situazione e il personaggio di Duncan se avesse indagato nelle numerose occasioni offerte da sceneggiatura anziché tentare continuamente una strategia o una fuga. Dall’altra parte Duncan ha ormai esaurito gli argomenti da portare avanti, le scene che condivide con Brian sono fin troppo ridondanti, come il tentativo di quest’ultimo di poterlo uccidere.
Altro difetto sono le storie collaterali, che in questa puntata prendono spazio più del solito. Infatti viene seguita la vicenda di Archer (Billy Brown) in prigione, i problemi di Kramer (Rhys Coiro) tra sensi di colpa e “l’amore” che nutre nei confronti di Sandrine (Sandrine Holt). E sul versante dei figli, Morgan (Quinn Shephard) e Jake (Mateus Ward), l’accusa di violenza familiare comincia a pesare dato che non ha un ritmo interno coinvolgente e non fa che creare problemi, difatti viene coinvolto nuovamente Burke, ex fidanzato di Morgan, che si era congedato dalla serie nel migliore dei modi possibili.
Ma se questi elementi erano in qualche modo già presenti nelle scorse settimane, adesso vediamo tornare alla ribalta anche le vicende politiche e di potere del presidente, conoscendo molti più dettagli sulla sua vita privata e quella della First Lady (Mary Elizabeth Mastrantonio). Che in pieno stile dello show, si presenta piena di sotto trame poco coinvolgenti.

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Hail Mary scritta da Rick Eid e Alon Aranya, riporta tutti i personaggi della serie in un unica puntata in cui a livello narrativo non succede molto, se non le solite cose che ormai lo spettatore ha visto ed esplorato più volte. Questo introduce la lentezza e la poco credibilità delle pieghe che sta prendendo la serie, infatti i numerosi comportamenti e reazioni dei due protagonisti introduce l’incredulità sulla serie, che non doveva correre questo rischio e tenere sempre alto il ritmo da thriller come nelle prime puntate. La storyline rimane collaterale al punto tale che serve solo da raccordo narrativo, un enorme sbaglio.

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