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A coronare i festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia ci ha pensato in extremis Rai Fiction, con una miniserie prodotta insieme ad Ellemme Group, Il Generale dei briganti. Protagonista Daniele Liotti, la fiction andrà in onda su Rai1 domenica 11 e lunedì 12 febbraio. Lodevole operazione che riesce ad armonizzare il lato storico con quello puramente fittizio, il film diretto da Paolo Poeti narra le gesta di Carmine Crocco, brigante e rivoluzionario lucano realmente esistito che si unì alla lotta per l’unificazione nazionale.

 
 

La prima puntata si apre con Carmine che osserva da lontano i funerali del padre senza parteciparvi. Il deputato Mariano Aiello (Danilo Brugia) sta infatti portando avanti una caccia spietata nei confronti del giovane fuorilegge. Un lungo flashback ci svela il passato di Carmine, a partire da quando, bambino, vide la madre aggredita dal conte Guarino (Massimo Dapporto) perdere il figlio che portava in grembo. Adulto, Carmine parte soldato. Scrive all’amata Nennella (Raffaella Rea) che però, analfabeta, si fa leggere le lettere dallo scrivano di paese Antonio, il quale le tace il prossimo ritorno di Carmine per il matrimonio. Carmine diserta e torna a casa, ma trova Nennella sposata ad Antonio e sua sorella Rosina orrendamente sfregiata da Ferdinando Guarino, il figlio del conte colpevole della follia della madre. Grazie anche all’aiuto di Mariano, medico liberale innamorato di Giuseppina (Christiane Filangieri), riuscirà a scappare e ad unirsi alla banda capeggiata da Nicco Nacco (il sempre bravo Fabio Troiano), in seguito sposando la causa garibaldina.

Interamente girata al Sud con uno stile che ricorda un po’ i vecchi western, l’opera è uno sguardo lucido sui sacrifici, forse dimenticati, che hanno accompagnato la nascita del nostro Paese. Un processo all’interno del quale, come afferma il regista, i briganti sono stati “perdenti tra i vincitor” esclusi da quello Stato che avevano contribuito a creare. Non manca, inoltre, una riflessione sul divario nord-sud e sulla spaccatura culturale vigente nella neonata nazione. Bisogna dire che la storia, ben accompagnata dalle musiche di Andrea Ridolfi, è avvincente e riesce, nonostante la durata notevole, a tenere alti i ritmi – complice anche la buona prova degli attori e la suspense creata dall’intreccio. Splendide le riprese della campagna lucana, e impeccabili i costumi di Mariano Tufano. Peccato solo che i dialoghi, forse nel tentativo di riprodurre la parlata dell’epoca, si macchiano qua e là di un sentimentalismo che sfocia nel retorico.

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Ilaria Tabet
Laureata alla specialistica Dams di RomaTre in "Studi storici, critici e teorici sul cinema e gli audiovisivi", ho frequentato il Master di giornalismo della Fondazione Internazionale Lelio Basso. Successivamente, ho svolto uno stage presso la redazione del quotidiano "Il Riformista" (con il quale collaboro saltuariamente), nel settore cultura e spettacolo. Scrivere è la mia passione, oltre al cinema, mi interesso soprattutto di letteratura, teatro e musica, di cui scrivo anche attraverso il mio blog:  www.proveculturali.wordpress.com. Alcuni dei miei film preferiti: "Hollywood party", "Schindler's list", "Non ci resta che piangere", "Il Postino", "Cyrano de Bergerac", "Amadeus"...ma l'elenco potrebbe andare avanti ancora per molto!