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Ray torna a Boston per incontrare Sully e affidargli l’incarico di uccidere suo padre, ritornando nella sua città natale incontra Gale, ex fidanzato di sua sorella morta. Nel mentre a Los Angeles, Abby è sempre più preoccupata per il lavoro che fa Ray e si ubriaca con Deb, Bridget ha paura di suo padre ma continua a frequentare Marvin anche se lui non vuole e Mickey cerca di avvicinare Sam per avere un posto negli Studios. All’FBI Van Miller è sempre più isolato nel suo compito e vuole dare il via a nuove indagini.

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La settima puntata di Ray Donovan scritta da David Hollander per la regia di Lesli Linka Glatter, porta un po’ di luce sul passato di Ray (Liev Schreiber) il viaggio a Boston ci permette di capire perché Ray odia la sua città e soprattutto suo padre. Egli è l’assassino della sua ex-fidanzata, tradiva sua madre malata, ma soprattutto è il responsabile della morte di sua sorella Bridget, vicenda a cui Ray non riesce a dare pace. Poco si è visto su di lei nelle precedenti puntate, eccetto qualche flashback e l’intensa emozione che fa trapelare Ray, lasciando così un vuoto su un personaggio così fondamentale che si collega alla faida dei due protagonisti.
Nella prima metà dello show si definisce sempre più la figura contraddittoria di Mickey (Jon Voight), una vera e propria mina vagante, dalla quale non si riesce più a prevedere quale sia il suo scopo (ammesso che ne abbia uno) e la figura di Ray che vive le sue giornate nel controllare ogni cosa e a portare con sé questo silenzioso conflitto emotivo a cui vorrebbe porre fine con la morte del padre.
Altra parentesi interessante è quella di Abby (Paula Malcomson), ella vive in questo limbo di domande senza risposte, di sentimenti e privilegi che si scontrano con la realtà della vita che conduce, vuole quello che ha ottenuto e ancora di più ma non le piace il modo in cui ci sta arrivando anche se lo accetta senza riserve, molto belli sono i dialoghi e le scene che condivide con Deb (Denise Crosby) e con sua figlia Bridget (Kerris Dorsey). In cui riesce a delineare la difficoltà di essere la moglie di un “consulente” come Ray.
Chi perde di sostanza per via delle sue paranoie è Van Miller (Frank Whaley), nelle poche scene che condivide con l’agente corrotto da Ray ha rivelato di essere sia insicuro che agitato nonché molto dipendente dalle informazioni che gli deve passare Mickey, che come dimostra in ogni puntata, non può essere un elemento molto affidabile per la costruzione del caso, quindi l’agente perde di carattere e non sembra essere l’uomo che può porre fine alla cricca di Ray-Erza-Lee.

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New Birthday sottolinea i punti di forza della serie, un cast importante, dei personaggi ben strutturati sviluppato da ottimi dialoghi e uno scenario in continua evoluzione caratterizzato da varie sfumature che affascinano lo spettatore. Però con soli cinque episodi rimasti lo show deve ancora impostare una narrazione solida, un percorso principale che nella storyline sembra essere confuso soprattutto per come si concluderà la stagione e a quale filone narrativo darà più importanza, visto le numerose domande e pieghe che si innestano ogni settimana. L’arrivo di Sully (James Woods) a Los Angeles potrebbe essere la chiave decisiva ma così sembrava anche per l’agente Van Miller.

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