Ray Donovan 1×11 – Recensione

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    Bucky Fuckin’ Dent torna a far parlare dei Donovan, già dalle prime scene iniziali notiamo come Ray (Liev Schreiber) sia sempre più coinvolto negli affari di famiglia e non nelle operazioni di Lee (Peter Jacobson) ed Erza (Elliott Gould), la sua priorità è trovare Sully (James Woods) che non ha portato a termine l’incarico di uccidere Mickey e chiede ad Avi (Steven Bauer) di proteggere Abby (Paula Malcomson) e i bambini mentre lui è concentrato nella sua ricerca; ciò che cambierà completamente la puntata è la telefonata di Terry (Eddie Marsan), Bunchy (Dash Mihok) ha sparato al prete che ha abusato di lui.

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    La storia si svolge nel microcosmo della palestra, in cui i tre fratelli si nascondono, urlandosi addosso e cercano soluzioni mentre esplorano i loro dilemmi interiori; in questa puntata emergono le differenze di morale e tempra dei tre, dando così più spessore a un rapporto che non si vedeva dall’ottava puntata e lasciando gli attori liberi d’interpretare al meglio il proprio personaggio. Inoltre l’escamotage del prete ci permette di vedere un altro piccolo spiraglio nella vita di Ray e a fornire conferme di cui si avevano avuti dei sospetti ma in tante puntate non c’erano mai state certezze, in questo lo spettatore sembra seguire molto il punto di vista di Abby. Quest’ultima non accetta l’idea di essere prigioniera in casa sua e raggiunge Ray, nei pochi istanti in cui realizza quello che sta facendo per la famiglia, acconsente silenziosamente a quello che succederà da lì in poi, non andandogli più contro e lasciandolo portare a termine le sue faccende. Di contorno alla punta, continuano gli esili e macchinosi sviluppi dell’FBI, Ray non sa che Van Miller (Frank Whaley) è morto e minaccia Frank di dare il via a una caccia che però potrebbe ritorcersi contro. Mickey (Jon Voight) deve trovarsi un alibi per l’assassinio di Sean Walker (Johnathon Schaech) e chiederà l’aiuto di Claudette, lasciando fuori la realtà e cullandosi nei ricordi di una vita bruciata.

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    La penultima puntata di Ray Donovan mantiene il livello delle scorse puntate, quando lo show tende a rimanere negli affari di famiglia non sembrano esserci grossi problemi narrativi, ma dal punto di vista ritmico la storyline sta procedendo in maniera piuttosto lenta, dato che sono numerosi i punti aperti e lasciati in sospeso e del conflitto padre-figlio non si è avuto nessun cenno di proseguimento. È ancora presto per decretare come si sia evoluto questo show, ma uno dei temi cardini è indubbiamente l’evoluzione dei personaggi; fin dalla prima puntata lo spettatore si è scontrato con i significativi e vacui ricordi dei protagonisti, che hanno preso le sembianze di errori e regole a cui si sono ancorati e con cui hanno imparato a vivere e a confrontarsi. In Ray questa componente è predominante perché a differenza degli altri, è cresciuto all’ombra delle delusioni di suo padre, con le sofferenze dei fratelli e con una rabbia che anche se ha controllato con “la legge” farà sempre emergere il lato più oscuro di sé.

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    Stefania Buccinnà
    Sono un appassionata di Cinema e Serie televisive americane, motivo per cui mi sono iscritta all'università e mi sono laureata in Saperi e Tecniche dello Spettacolo Digitale presso l'università La Sapienza in Roma dove ho conseguito anche un Master di Primo Livello in Montaggio Video e Audio. Amo costruire strutture per immagini e scrivo per piacere, pensando che le due cose sono molto simili ma con grammatiche diverse. In fondo per me, scrivere una frase è come mettere insieme una scena.