Ormai è un vero e proprio conto alla rovescia quello che i fans di Shameless conducono in attesa del 12 gennaio, data prevista per la premiere statunitense della quarta stagione. Basata sull’omonima serie televisiva britannica – Ideata da Paul Abbott – la versione americana prodotta dalla Bonanza Production ha rapidamente conquistato critica e pubblico per la straordinaria capacità di ritrarre, con un cinismo al limite dello spietato e con un’intelligenza sopraffina, la decadenza finanziaria, sociale ed esistenziale, di un nucleo familiare allargato e allo sbaraglio. Si tratta della famiglia Gallagher, perennemente sul filo del tracollo, sia economico che interpersonale; eppure sempre in grado di resistere alle peggiori intemperie, comuni e individuali, e di mantenersi comunque unita in un modo tutto suo: di certo bizzarro e un po’ spiazzante.
Un padre disoccupato, perennemente “fatto” ed ubriaco, Frank Gallagher (William H. Macy), una madre lesbica ed assente, sei fratelli dall’età e dai caratteri più disparati e la più grande fra loro, Fiona (Emmy Rossum) a prendersi cura di tutto e di tutti. È lei, di fatto, a costituire, nonostante la giovanissima maturità anagrafica (17 anni), la vera figura genitoriale, e a portare su di sé tutto il peso delle responsabilità che ne deriva. Un personaggio forte, ricco di sfumature e contraddizioni, perno della storia e del discorso, proprio perché è dalla sua prontezza, reattività, ed affettività che prende le mossa il tutto e a cui il tutto fa ritorno. Ma, al tempo stesso, una personalità soggetta a generare nello spettatore antipatia, perché vittima di una certa autocommiserazione, reticenza a domandare aiuto, frutto di un’unica fiera consapevolezza: quella di essere il principale punto di riferimento. L’unico capace di smussare le sue spigolosità è Steve (Justin Chatwin), fidanzato tutt’altro che integro ed onesto (fa il ladro di auto per professione e mente sulla sua reale identità) ma legato a lei da un amore autentico e, in fondo, sempre pronto a sostenerla. Sarà lui il grande assente della quarta stagione, come percepibile dal finale drammatico e strappalacrime della precedente, per quanto non privo di quel grado di ironia e di fiducia che caratterizzano la serie nella sua interezza.
E poi c’è Lip (Jeremy Allen White), carattere altrettanto pragmatico e risoluto, reso vulnerabile soprattutto da relazioni sentimentali malsane e complicate; c’è Ian (Cameron Monaghan), terzogenito, aspirante marines e omosessuale in cerca di un suo equilibrio e di una posizione, nella famiglia e nella società; e poi, ancora, c’è Deb (Emma Kenney), ragazzina incredibilmente acuta, sensibile e matura ma che, giustamente, nei momenti critici, tradisce il suo bisogno di essere protetta ed accudita; c’è Carl (Ethan Cutkosky), bambino inquieto, incline alla violenza, ma anche protagonista di slanci emotivi inaspettati; infine, il piccolo Liam (Brennan Kane Johnson), bambino dalla pelle scura nato da un rapporto extraconiugale, mascotte del gruppo. Senza contare lo spessore, psicologico e attoriale, che vanta anche il resto del cast: in particolare si ricorda la presenza di Joan Cusack nei panni di Sheila Jackson, una casalinga agorafobica e ipocondriaca con preferenze sessuali sadomase, che diventa, per ragioni esclusivamente opportuniste, la preda sentimentale di Frank; e quella di Shanola Hampton e Steve Howey, rispettivamente nei panni di Veronica Fisher e Kevin Ball, una coppia di cari amici e vicini.