In Vinyl 1×02 Richie Finestra (Bobby Cannavale) è tornato quello che era un tempo, è caduto nuovamente nel circolo di droga e alcol che si capisce aveva cercato di tenere a debita distanza. Questo ha necessariamente conseguenze pesanti e su vari fronti.
La sensazione di forza e potere, data dalla notte di piaceri appena trascorsa, lo convincono di poter salvare la sua compagnia, che non sia più necessario venderla e che basti trovare una nuova band e fare qualche taglio per poter tornare in sella. Non sembrano della stessa idea i suoi amici e soci Scott Levitt (P.J Byrne) e Skip Fontaine (J.C. Mackenzie), ma soprattutto Zak Yankovich (Ray Romano) preoccupato di non riuscire a mantenere la sua esigente famiglia.
In parallelo la moglie di Richie, Devon (Olivia Wilde), è turbata per il comportamento del marito e vuole capire perché si sia spinto così in là. I suoi pensieri e le sue angosce diventano per noi spettatori flashback della vita dei due prima di metter su famiglia.
Dopo il pilot di due ore studiato nei minimi dettagli, il secondo episodio di Vinyl rappresentava una prova del nove non deltutto superata.
I momenti cruciali si concentrano a inizio episodio e il resto della puntata è costituita sostanzialmente da flashback che raccontano chi fosse prima Richie e come lui e la moglie Devon si siano conosciuti in un ambiente in cui l’amore ha generalmente pochissimo spazio.
Non ci sono particolari colpi di scena se non fosse per il finale in cui ritorna un personaggio interessante che ci fa pensare ci sia speranza per la American Century Records. Iniziamo però ad affezionarci a Richie, a conoscerlo e a comprendere la sua lotta interiore tra valori e potere. Una trama quindi non troppo sorprendente ma totalmente compensata da ambientazioni e colonna sonora che rimangono l’elemento portante anche in questa seconda puntata.
Non soltanto costumi, luoghi e rappresentazioni di trasgressioni ma anche temi quali il razzismo e la sottomissione della donna nel mondo del lavoro per cui ancora si lottava nell’America degli anni ’70.
E poi c’è l’influenza di Jagger, la musica, la colonna sonora che è nuovamente punto di forza, in particolare durante i flashback in l’efficacia e l’intensità dei pezzi rafforzano la narrazione dei ricordi.
Il coinvolgimento e la piena immersione nel contesto ci sono, ma è tutto merito della musica.