Quando lo sguardo di Satana torna al cinema: Carrie

Se è vero che anche i grandi classici hanno bisogno di qualche ritocco per resistere all’usura del tempo, la storia del cinema ha sempre fatto sua questa regola, attualizzando ed aggiornando anche i suoi mostri sacri. Perciò non stupisce affatto che anche Carrie, capolavoro del 1976 del maestro Brian De Palma , sia passata sotto i ferri del lifting di celluloide, pronta a tornare per terrorizzare i giovani teenagers del nuovo millennio.

 

Le vicende della timida adolescente dotata di poteri telecinetici, simbolo ideale dei reietti e dei diversi, trae origine dal romanzo d’esordio del 1974 del maestro dell’orrore Stephen King, che ha visto purtroppo nel corso degli anni la sua creazione stravolta e manipolata, prima sul grande schermo con la versione (seppur abbastanza fedele) di De Palma, ed in seguito in un ridicolo musical a Brodawy nel 1988 ed infine in un primo reake televisivo del 2002. Perciò, quando nel maggio del 2012 la MGM annuncia l’intenzione di resuscitare nuovamente il plot sulla giovane piromane del ballo di fine anno, molti dimostrano il loro scetticismo dinnanzi a questi rischioso progetto. Ma ecco che, proprio in seguito all’uscita americana della pellicola, i primi pareri sembrano gridare al miracolo, infondendo un po’ di speranza in quanti avevano tremato di fronte ad una nuova profanazione di un’opera simbolo di almeno una generazione di horror-dipendenti.

Innanzitutto, così come a dichiarato il brillante produttore Kevin Misher, questa nuova versione di Carrie vuole essere non remake dell’opera di De Palma, quanto il primo e più fedele adattamento del romanzo di King. La sceneggiatura di Roberto Aguirre-Sacasa (Glee), cerca di trasportare le terribili quanto toccanti vicende della protagonista nell’America contemporanea, dove il disagio adolescenziale che permea il libro d’origine possa essere accresciuto dal rapporto con le nuove tecnologie.

La scelta riguardo la direzione di un progetto così delicato è stata dura, ma alla fine la MGM ha deciso di optare per Kimberly Pierce, già pratica di problematiche adolescenziali ed umani con il successo da Oscar di Boys Don’t Cry (1999) e Stop-Loss (2008). In quanto donna poi, la regista ha instaurato un profondo filing con la sua protagonista, dando così alla pellicola un tocco di estrema genuinità. A raccogliere la gravosa eredità che fù di Sissy Spacek nel ruolo di Carrie, la decisone è stata altrettanto delicata, ma alla fine è stata scelta la giovane Chloë Grace Moretz, piccola stella nascente del firmamento hollywoodiano, che malgrado la sua giovane età può vantare già una carriera di tutto rispetto, sia nel cinema d’autore (Hugo Cabret, Le paludi della morte, Dark Shadows) che in quello propriamente horror (Amityville Horror,The Eye,Blood Story), senza dimenticare il personaggio di Hit-Girl nell’esilarante Kick-Ass. Infine, a completare la rosa è stata chiamata nientemeno che Julianne Moore nel ruolo di Margareth, la bigotta e spietata madre di Carrie, mirabilmente consacrata sul grande schermo da Piper Laurie e qui in procinto di assumere un ruolo di ancor maggior spessore. Insomma, gli ingredienti paiono esserci tutti, ma come ben sappiamo, un piatto non può dirsi degno finché non viene servito, e quindi attendiamo con trepidazione la nuova data di uscita italiana fissata per il 9 gennaio, sperando nel frattempo che non si tratti dell’ennesima minestra riscaldata.

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