Venezia 72: vincitori e vinti di un’edizione senza lode

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E anche questa Venezia 72, 72esima Mostra del Cinema di Venezia ha spento ogni riflettore, gli operai hanno iniziato a smontare le strutture e i leoni a grandezza naturale, a scollare il tappeto rosso dall’entrata del Palazzo del Cinema. Già domani mattina 14 settembre la Sala Darsena, la Sala Grande, la minuscola Pasinetti non avranno più file, non avranno più transenne, allo stesso modo non ci sarà più bisogno di lanciare bombe a mano per accaparrarsi un panino o una pizzetta rinsecchita, saremo finalmente rientrati a casa.

Nella valigia e nel cuore, oltre alla roba sporca e alla ovvia fatica, ci portiamo i ricordi di un’edizione tranquilla, priva di reali scossoni, calma e piatta come il mare al mattino. Sia per quanto riguarda le presenze professionali e di pubblico – ormai rischiano di non entrare in sala soltanto i poveri accrediti verdi, i culturali – sia dal punto di vista della qualità dei film selezionati. Non sono mancate neppure le star internazionali, che soprattutto nella prima metà del Festival hanno attirato orde di ragazzine urlanti e fatto scattare i flash dei fotografi. A deludere davvero, come tradizione, soltanto i premi assegnati dalla giuria internazionale di Venezia 72 guidata da Alfonso Cuarón e composta da personalità di peso come il regista turco Nuri Bilge Ceylan, il regista polacco Pawel Pawlikowski, il regista italiano Francesco Munzi, il regista taiwanese Hou Hsiao-hsien, l’attrice tedesca Diane Kruger, la regista e sceneggiatrice britannica Lynne Ramsay, l’attrice e regista statunitense Elizabeth Banks.

La guerra eterna fra i gusti dei critici presenti al Lido e i giurati è infatti senza soluzione, dal destino ogni volta già scritto: si “incazzano” i primi (come i francesi di Paolo Conte di fronte alla forza di Bartali), vincono i secondi, senza possibilità di replica. Dei favoritissimi della vigilia, sempre per gli addetti ai lavori si intende, come Francofonia del Maestro Aleksandre Sokourov, Rabin, The Last Day di Amos Gitai, l’immenso Beixi Moshuo (Behemoth) del cineasta cinese Liang Zhao, del nostro Marco Bellocchio con Sangue del Mio Sangue è rimasto poco e niente. Appena le recensioni positive sulle varie riviste accreditate in laguna e una montagna di stelle di carta incollate alla buona su un cielo altrettanto finto. A trionfare è il sud America e l’esordiente Lorenzo Vigas, con un dramma disperato sospeso fra l’impossibilità di amare e l’omosessualità nel feroce contesto di Caracas. Desde Allà (Da Lontano) è infatti il vero outsider dell’edizione, capace di sorprendere tutti e vincere contro prodotti meglio confezionati, segue a ruota El Clan di Pablo Trapero insignito del Leone d’Argento (ovvero la miglior regia). Poco male, dei premi se ne ricordano i manuali, i database, e alla fin della fiera è anche bello che i risultati siano di molto differenti rispetto alle aspettative, così si ha qualcosa di cui discutere. È più bello vincere una scommessa impossibile, dopo aver puntato sul cavallo peggiore, che tornare a casa con la quota più scontata su cui tutti hanno giocato.

Non tutte le scelte però sono state deludenti, la Coppa Volpi a Valeria Golino infatti è un grande premio, meritato e quasi simbolico. La sua Anna in Per Amor Vostro vale un’intera carriera, il ruolo della vita come spesso si suol dire, in profumo di riconoscimento sin dai titoli di coda. Inoltre unico premio italiano, poiché tutto il quartetto Bellocchio-Messina-Gaudino-Guadagnino ha salutato il lido con l’amaro in bocca, nonostante la qualità del suo cinema, esattamente come accaduto all’ultimo Festival di Cannes, durante il quale i nostri registi hanno mostrato artigli affilati ma senza riuscire a graffiare abbastanza i giurati. C’è però da esser fieri, L’Attesa e i già citati Sangue del Mio Sangue e Per Amor Vostro sono opere da guardare, da sentire, da vivere, protagonisti di un anno cinematografico meravigliosamente più unico che raro.

Fuori dalla lista del ‘da guardare’ solo Luca Guadagnigno, il titolo del suo A Bigger Splash ricorda solo un clamoroso buco nell’acqua, un titolo da evitare con tutte le forze, anche casomai dovesse passare in televisione in un afoso pomeriggio d’estate. Un’anomalia che neppure Charlie Kaufman saprebbe rendere gradevole, e che nulla ha a che fare con quel piccolo gioiellino chiamato Anomalisa, Gran Premio della Giuria. Un film d’animazione in stop-motion per persone adulte, che vedono il mondo e la gente in maniera piatta, noiosa, e sono schiave dell’abitudine, da vedere nel primo giorno di programmazione. Sarà invece difficile vedere nelle nostre sale Abluka (Follia), un terremoto visivo che racconta la Turchia sotterranea delle spie, una guerra tra poveri che ha solo perdenti, giustamente incoronato con il Premio Speciale della Giuria. Non tutto è andato perduto, dunque, è il pensiero che ci torna in mente mentre allontanandoci dal Lido siamo proiettati già all’edizione numero 73.

Ancora una volta i premi non metteranno d’accordo nessuno, Johnny Depp apparirà sempre più grasso (speriamo di no…) e i veneziani ci spenneranno vivi come polli allo spiedo cotti a puntino, ma in fondo è ciò che ci piace, è il nostro strambo e insostituibile lavoro. Che qualcuno dovrà pur fare.

Aurelio Vindigni Ricca
Aurelio Vindigni Ricca
Fotografo e redattore sul web, caporedattore di Cinefilos Games e direttore editoriale di Vertigo24.
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