Vicini all’orizzonte, film del 2019 diretto da Tim Trachte, è un dramma sentimentale tedesco tratto dal romanzo autobiografico omonimo di Jessica Koch, pubblicato nel 2016. La pellicola si inserisce nel solco delle storie d’amore giovani e tormentate, affrontando tematiche profonde legate alla malattia, alla fiducia e all’elaborazione del dolore. Il regista, già noto per progetti rivolti a un pubblico giovane, adatta con delicatezza e realismo una storia vera che ha commosso migliaia di lettori in Germania e nel mondo. Il film si basa infatti sulla vera vicenda vissuta da Jessica Koch nella seconda metà degli anni Duemila, quando conobbe Danny, un giovane dal passato traumatico e segnato da segreti dolorosi.
La storia è narrata in prima persona nel libro originale e trasposta sul grande schermo mantenendo un forte focus sull’introspezione emotiva e sull’evoluzione psicologica dei personaggi. Koch ha raccontato pubblicamente come la scrittura sia stata per lei un modo per elaborare la perdita e condividere una storia d’amore tanto potente quanto tragica. Proprio questa autenticità ha contribuito a rendere Vicini all’orizzonte un successo editoriale prima, e un progetto cinematografico molto atteso poi, soprattutto da parte del giovane pubblico tedesco.
Tematicamente, Vicini all’orizzonte affronta questioni complesse come la violenza subita nell’infanzia, l’HIV, il rifiuto sociale e la capacità di amare nonostante il peso di un destino segnato. La pellicola, pur mantenendo i tratti del romanticismo adolescenziale, si distingue per la crudezza di alcune rivelazioni e per il modo diretto con cui affronta il tema della vulnerabilità maschile. La forza del messaggio – che l’amore può nascere e sopravvivere anche nel dolore – ha trovato un riscontro significativo presso il pubblico, rendendo il film un tassello importante nel panorama recente del cinema sentimentale tedesco. In questo articolo, esploriamo proprio il finale, andando ad evidenziare come esso richiama tutti i temi del film.
La trama di Vicini all’orizzonte
Protagonista del film è Jessica (Luna Wedler), da poco 18ene con un futuro ricco di possibilità davanti a sé. Un giorno incontra Danny (Jannik Schümann), bello, affascinante e sicuro di sè, che dietro una facciata da ragazzo perfetto nasconde un doloroso segreto. Jessica rimane sin da subito affascinata dal giovane dall’oscuro passato. Tra i due scatta la scintilla e un sentimento puro li travolge, tanto che ben presto diventa chiaro a entrambi che è ormai impossibile sottrarsi all’amore; la dura corazza di Danny va però in mille pezzi, rivelando la verità dolorosa che il ragazzo si porta dietro e che abbatte ogni certezza.
Jessica capisce a quel punto che il futuro che sogna insieme al suo amato forse non sarà mai realizzabile, ma non vuole comunque rinunciare a Danny e alla loro relazione, difficile da portare avanti, ma al tempo stesso mossa da un sentimento profondo. È così che la ragazza si ritrova di fronte a una scelta: rinunciare a quella che sembra essere la sua anima gemella o combattere per ogni inebriante secondo di felicità?
La spiegazione del finale del film
Nel finale di Vicini all’orizzonte, il film raggiunge il suo momento più toccante e tragico, lasciando emergere con forza la componente autobiografica e il messaggio centrale della storia. Dopo aver affrontato insieme il dolore, le paure e le ombre del passato, Jessica e Danny giungono a un punto in cui la verità non può più essere evitata: la malattia di Danny – l’HIV contratto a seguito di abusi subiti in gioventù – lo sta consumando, e con essa si assottigliano anche le possibilità di vivere il loro amore in modo pieno e duraturo. Eppure, il film sceglie di non chiudere con la disperazione.
L’ultimo periodo vissuto insieme diventa infatti un testamento di amore autentico, un tempo sospeso in cui entrambi imparano ad accettare ciò che non si può cambiare e a vivere intensamente ogni istante. È così che quando scoprono che la malattia ha accelerato il suo corso e al giovane restano pochi mesi di vita, i due innamorati decidono di compiere quel viaggio negli Stati Uniti che sognavano. Lì Danny annuncia a Jessica che non farà la possibile terapia che gli prolungherebbe la vita, perché preferirebbe morire in modo indipendente.
Quindi, dopo il viaggio negli Stati Uniti, i due si ritrovano di nuovo. Lei decide di non esortarlo più a lottare, ma decide invece di accettare la sua decisione. Tempo dopo, Jessica trova una lettera di Danny in cui lui le dice addio e le augura il meglio. Lui le lascia la sua casa e un conto a suo nome e la saluta con un riferimento ad una poesia di Joseph von Eichendorff che entrambi collegano all’inizio della loro relazione, a proposito della linea all’orizzonte (a cui fa riferimento il titolo del film) dove si incontrano la terra e il cielo, la vita e la morte.
La morte di Danny, che arriva nel silenzio e nella tenerezza di un addio inevitabile, non viene quindi mostrata con toni enfatici, ma è rappresentata con delicatezza, quasi come una naturale conclusione di un percorso già segnato. La regia di Tim Trachte evita il patetismo e sceglie invece di restare fedele all’intimità del racconto, focalizzandosi sugli sguardi, sulle carezze, sui piccoli gesti quotidiani che assumono un valore eterno. Il lutto di Jessica non è solo la perdita dell’amato, ma la fine di una fase di vita in cui ha imparato a fidarsi, ad amare senza riserve e a confrontarsi con la morte in modo lucido e consapevole.
Il film si chiude quindi a suo modo con un senso di pace malinconica, in cui la memoria si fonde con l’accettazione. Si tratta di un finale che incarna alla perfezione il cuore del film: Vicini all’orizzonte non è infatti solo la cronaca di una storia d’amore impossibile, ma una riflessione sul coraggio di vivere nonostante la fragilità, sul potere redentivo dell’amore e sull’importanza di affrontare la verità. Il percorso di Danny è emblematico in tal senso: da giovane chiuso e segnato dal trauma, riesce ad aprirsi grazie alla relazione con Jessica, trovando in lei non solo una compagna, ma una via per riconciliarsi con sé stesso.
Allo stesso tempo, Jessica – ancora adolescente all’inizio – evolve attraverso la sofferenza e l’empatia, diventando una donna capace di comprendere che l’amore non è fatto di promesse eterne, ma di presenza reale anche nel dolore. Il messaggio conclusivo del film, così come del libro da cui è tratto, è quindi che l’amore vero non si misura sulla durata, ma sull’intensità e sulla capacità di trasformare chi lo vive. L’orizzonte, evocato nel titolo, non è tanto un luogo fisico da raggiungere, quanto una metafora della speranza, del futuro possibile nonostante tutto, e del confine sottile tra vita e morte, oltre il quale ciò che conta è ciò che si è stati capaci di donare.