Federico Moccia su Bro, il corto su giovani e tecnologia realizzato con la collaborazione di Motorola

Federico Moccia Bro - Motorola

Federico Moccia, autore di iconici film rivolti ai giovani come Tre metri sopra il cielo e Scusa ma ti chiamo amore, è il regista di Bro, un cortometraggio realizzato in collaborazione con Motorola e prodotto da Orange Pictures e Adler Entertainment che sarà proiettato a Lucca Comics & Games, la manifestazione casa della cultura pop, venerdì 3 novembre alle ore 16.00 presso il Cinema Centrale della città, in compagnia degli attori e di Federico Moccia.

 

Bro coinvolge 4 ragazzi e 4 ragazze nel pieno dell’adolescenza, un gruppo di giovani 16/17enni che vive la continua evoluzione di amori, delusioni, entusiasmi, tradimenti lasciando tracce della propria quotidianità nelle chat, nei social e nei video e cerca di trovare un senso a quel magma di emozioni e avvenimenti veloci tipici dell’adolescenza. Tutte le esperienze dei protagonisti passano infatti dallo smartphone – rigorosamente Motorola – che viene vissuto in modo simbiotico e quotidiano, un’appendice fondamentale del proprio corpo.

Abbiamo incontrato Federico Moccia a Milano, in occasione della prima presentazione del cortometraggio.

-Qual era la mission di questo cortometraggio e come ha preso forma la storia?

Volevo far vedere come si potessero raccontare le storie di questi giovanissimi che sono legati totalmente, a volte rimanendone asserviti altre volte cavalcandolo, al telefonino. Mi piaceva il poter pensare di raccontare dal loro punto di vista, rendendoli non solo protagonisti ma anche operatori e registi. Quindi oltre a recitare dovevano anche curare l’inquadratura. Quando ne ho parlato con il produttore della Orange, Andrea Maffini, gli ho dato alcuni appunti per esporgli la mia idea e insieme abbiamo deciso di realizzare Bro, con l’aiuto di Adler Entertainment e Motorola.

-In pochi minuti si mettono in scena diverse situazioni, dalle futili a quelle molto serie e tragiche, che possono toccare gli adolescenti. Ci sono stati dei ragazzi che hanno svolto il ruolo di consulenza per il linguaggio e la messa in scena delle situazioni?

Bro è come se fosse un trailer al contrario di un film che poi dovresti avere voglia di vedere. Ho cercato di mettere in scena le situazioni più diverse che si possono trovare all’interno di questa serie di giovanissimi, o all’interno di questo film. Quando ho preparato queste scene, ho realizzato dei provini e lui ho rivisti insieme agli attori che poi sono stati scelti per interpretare i rispettivi personaggi. Confrontandomi con loro, ho modificato e cambiato le battute, perché mi piace molto che gli attori parlino come se non fossero condizionati dalla finzione, ma non c’è stata una vera e propria consulenza. Sono loro stessi a essere involontariamente consulenti con il loro racconto costante che fanno di sé sui social.

-Il corto mette in evidenza, quasi sempre, l’utilizzo virtuoso dei cellulari come strumenti di comunicazione tra gli adolescenti. Lei pensa che la tecnologia venga ancora vista come strumento o come status da raggiungere?

La tecnologia si è spostata e mi piacerebbe che fosse asservita all’utilità, e non che ci sia una dipendenza dai social. Non mi piace questo. Immagino la tecnologia come uno strumento, un’emanazione del giovane di oggi, perché il telefonino è anche il veicolo dei ricordi, delle foto, dei momenti passati, il video. È qualcosa che ti aiuta a condividere quello che vivi.

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