Abbiamo incontrato il regista francese Bertrand Bonello per parlare del suo nuovo lavoro, Coma, nelle sale italiane solo dal 10 al 12 luglio. Bonello scrive, dirige, produce, oltre ad essere autore delle musiche originali e della scenografia, un viaggio immaginifico tra le paure e i dubbi di un’adolescente, confinata in casa durante la pandemia di Covid 19. Terzo capitolo di una trilogia sui giovani iniziata nel 2016 con Nocturama.
Come nasce Coma
Bertrand Bonello racconta così la genesi di Coma, che contiene anche una dedica personale alla figlia Anna, diciottenne all’epoca delle riprese. “Questo film è nato con due momenti. La parte iniziale è una lettera rivolta a mia figlia, da cui è nato il primo cortometraggio. Questo primo cortometraggio mi ha dato poi la voglia di esplorare ancora più a fondo questa dedica. Grazie ai mezzi del cinema, ciò mi ha permesso di entrare nella mente di una giovane diciottenne, che si trova ad affrontare un mondo sempre più arduo per i nostri giovani. Questa possibilità che mi sono dato, di entrare nella mente di un giovane, mi ha permesso di esplorare tantissimi mondi diversi, attraverso associazioni di idee. Mondi diversi che a un certo punto comunicavano tra loro. Mi ha permesso anche di provare a capire come funziona il cervello, di esplorare linguaggi diversi, di passare dai sogni fino agli incubi”.
I giovani, il confinamento durante la pandemia e il ruolo degli adulti
Coma riporta lo spettatore al periodo della pandemia e all’idea del confinamento, sofferto allora soprattutto dai giovani. Mentre colpisce nel lavoro l’assenza degli adulti. Chiediamo dunque a Bonello se, a suo modo di vedere, gli adulti avrebbero potuto fare di più per aiutare i ragazzi a superare quel momento così critico e cosa possano eventualmente fare ora per rimediare. “La pandemia, il Covid è stato essenzialmente un pretesto per me per parlare della libertà e del rapporto degli umani con la libertà. Col senno di poi, avremmo potuto anche non partire dal contesto della pandemia per arrivare a trattare questo tema. Per gli adulti, la pandemia è stato un momento strano, ma per alcuni può essere stato anche meraviglioso, […] un momento in cui ritrovare il tempo per noi stessi, un tempo che non c’è mai. Per i giovani invece, in una fase della loro vita in cui si aprono al mondo, sono pronti a lanciarsi nel mondo, la pandemia può essersi rivelata in molti casi, di una violenza estrema, un’imposizione totale, che li privava di ciò di cui avevano bisogno, ciò che sognavano e desideravano. Dal punto di vista politico, non so […] se si poteva fare di più. Penso che, nel modo che abbiamo di rivolgerci ai nostri giovani, nel modo in cui li accompagniamo, come genitori, dobbiamo cercare di parlare loro dei desideri, di quello di cui hanno bisogno e probabilmente insegnare loro a riaccendere il desiderio e il sogno che gli è stato tolto”.
Il linguaggio visivo e verbale di Coma, vario e accattivante
Tante le scelte visive e linguistiche diverse contenute in Coma. Tra le prime, animazione, live action, 3D. Bonello ne parla così: “È vero, ci sono mondi diversi in questo film, declinati in tantissimi linguaggi diversi. C’è il linguaggio degli adolescenti, quello che vediamo nelle conversazioni FaceTime tra il personaggio principale e la sua amica. In quelle conversazioni era tutto scritto, previsto, senza improvvisazione, ed è un primo tipo di linguaggio. Poi, c’è il linguaggio molto particolare e studiato di Patricia Coma, il cui personaggio passa proprio attraverso la forza della parola, una parola che cambia anche nel corso del film, pregna di un linguaggio televisivo, del mondo dei mass media, che poi diventa più filosofico. Infine, quando vengono tolte tutte le maschere, è un linguaggio più umano, nel momento in cui lei mostra la sua fragilità. C’è anche un altro tipo di linguaggio, quello delle barbie, molto diretto, pregno delle caratteristiche della comunicazione di oggi, dei social network. Lì si parla di argomenti basici, di vita quotidiana, come l’amore, i tradimenti”. Dunque, un universo composito, reso efficacemente sia dal punto di vista visivo, delle immagini, che delle parole.
Julia Faure e il suo lavoro sul personaggio di Patricia Coma
Accanto alla protagonista, la giovane Louise Labeque colpisce la figura della youtuber Patricia Coma, che dà il titolo al film. Julia Faure, che le ha dato corpo, descrive così questo personaggio dalle molteplici sfaccettature: “Con Bertrand abbiamo lavorato insieme al personaggio in modo abbastanza semplice. Abbiamo lavorato molto sulla voce, sul tono, a livello vocale nella costruzione di questo personaggio, perché volevamo raccontare una figura evocatrice, che ricordasse un po’ il passato, anche il passato mitico del cinema delle femmes fatales. Volevamo, però, che fosse allo stesso tempo una figura premonitrice, in grado di dare messaggi sul futuro, molto inquietanti, una sorta di oracolo distopico che preannuncia l’apocalisse. Al livello personale, quello che mi ha interessato particolarmente è il degrado psichico di un personaggio come questo, che ha vocazione ad influenzare le menti, le tendenze, le voglie dei giovani, ma che non ha idea di dove sta andando, non sa rispondere alle proprie domande ed è ancora più sola della gioventù a cui si rivolge”.
Coma arriva nelle sale italiane dal 10 al 12 luglio, prodotto da Bertrand Bonello e Justin Taurand e distribuito da Wanted Cinema.