È arrivato a Roma per presentare in anteprima alcune scene de Il Viaggio di Arlo, Kelsey Mann, story supervisor per i Pixar Animation Studios: “Sono molto orgoglioso di presentarvi questo materiale perché la maggior parte delle persone alla Pixar ancora non lo hanno visto, nemmeno mia moglie! Ammetto che alcune sequenze le abbiamo finite solo la settimana scorsa, siete davvero fortunatissimi!”. Mann è entrato nel progetto negli ultimi due anni di cinque di produzione, affiancando il regista Peter Sohn, anche lui coinvolto in seconda battuta.

 

“Il Viaggio di Arlo parla della storia di questo dinosauro che ha un grande cuore ma che è un fifone. Perde la strada di casa e affronterà un lungo viaggio insieme ad un bambino. Il cuore del film è la storia tra un ragazzo e il suo cucciolo, solo che nel nostro caso il dinosauro è il ragazzo e il cucciolo è il bambino” ci racconta Mann, “Alla Pixar cerchiamo sempre di fare qualcosa di diverso e ci piace iniziare con il ‘What If’ (‘E se’): che cosa sarebbe successo se l’asteroide non avesse colpito la terra e i dinosauri non si fossero estinti? Questa volta abbiamo pensato di rovesciare i ruoli: è una cosa mai fatta ma allo stesso tempo familiare. Non volevamo che questi dinosauri fossero immersi nella tecnologia o spingerci troppo oltre magari facendogli guidare una macchina, ma li abbiamo voluti immergere nella natura selvaggia, ai tempi della frontiera, dai ranch e i contadini.”

Kelsey Mann, come story supervisor si occupa delle ricerche dietro la storia e spiega, “Una parte fondamentale della nostra preparazione è andare nelle location: ad esempio io non avevo mai visto una mandria di bestiame al pascolo e quindi come avrei potuto disegnarla? Inoltre andiamo in giro a sperimentare sensazioni ed emozioni. Davanti ad una grande catena montuosa abbiamo realizzato che ci siamo sentiti insignificanti e questa sensazione dobbiamo riuscire a farla trasparire.Ma il posto numero uno dove andiamo a cercare le nostre storie è dentro di noi, ne parliamo, ne discutiamo, su cosa provavamo a quell’età o quello che fanno i nostri figli e questo aiuta il pubblico ad identificarsi nei personaggi. I migliori film sono proprio quelli dove i creatori sono stati onesti con i loro sentimenti.”

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