Figliodoro è il soprannome di un pescatore di Lipari che si chiama Francesco D’Ambra. Alla proiezione del film-documentario di Giovanna Taviani, avvenuta ieri, 30 Marzo, alla Casa del Cinema, parla in qualità di protagonista dell’opera di Giovanna ma soprattutto di uomo innamorato delle proprie terre, le Eolie, vere protagoniste di Fughe e Approdi che uscirà Venerdì 8 Aprile nelle sale.
Proprio al legame fra le Eolie e il cinema “Figliodoro” deve molte bellissime esperienze. Il Film di Giovanna Taviani, figlia di Vittorio Taviani, è infatti, come dice il sottotitolo, un lavoro che racconta le Eolie oscillando “tra Cinema e realtà” e ha Figliodoro come guida e traghettatore. In Kaos dei Taviani, nel 1984 recitava nell’episodio in cui tra gli interpreti compariva anche una bambina: Giovanna stessa. Il documentario parte da questa esperienza d’infanzia, dal primo impatto di Giovanna con le Eolie. Racconta le storie degli abitanti di queste terre, come si intreccino con la grande Storia e quanto siano legate al cinema che da Rossellini a Moretti, da Antonioni a Radford è sempre stato attratto da queste isole.
Alla presentazione di Fughe e Approdi erano presenti, oltre alla regista Giovanna Taviani , anche Marco Leto, Renzo Rossellini, Marcello Sorgi, Vittorio Taviani, Luciano Sovena. Il documentario di Giovanna e gli episodi che racconta si legano anche a questi personaggi. A Lipari Giovanna racconta la fuga di Nitti, Lussu e Rosselli che qui furono costretti al confino dal regime fascista e a guidarla sono proprio le immagini del film di Marco Leto, La Villeggiatura ( 1973 ). Unite alle testimonianze di alcuni abitanti di Lipari danno un volto a fatti storici che sembrano lontani. Marco Leto, nell’opera di Giovanna Taviani ritrova uno spirito affine a quello che guidò il suo film: “i discendenti di Rosselli non lo amano perché credono che abbia fatto un film biografico su Rosselli invece era un film sullo spirito di Rosselli”.
Raccontare le Eolie è un’esperienza che arricchisce proprio grazie al contatto non solo con i luoghi ma anche con le persone di queste terre e con le loro molte storie a cui sanno donare umanità. Renzo Rossellini ricorda invece il modo “sperimentale” con cui Roberto Rossellini raccontò Stromboli nel suo film del 1949 cercando una strada diversa dal neorealismo. Giovanna Taviani parla di Stromboli e Vulcano attraverso le testimonianze degli abitanti che proprio tra il ’49 e ’50 sono stati protagonisti di un suggestivo incontro tra Storia, Cinema e Vita: Rossellini con la Bergman girava un film a Stromboli e Anna Magnani, donna tradita da Rossellini e ancora innamorata, recitava nello stesso periodo in Vulcano di William Dieterle. Renzo Rossellini si dice “orgoglioso per l’amicizia con Giovanna” e definisce il suo lavoro un’ “opera cinematografica” al di là delle restrittive etichette di “film” o di “documentario”. Inevitabilmente Vittorio Taviani è, tra i presenti, quello che, con grande simpatia, più si dilunga nel commentare Fughe e Approdi. Lo definisce: “Un buon film perché fatto di tanti colori, che sono dimensioni poetiche e narrative”. Sono quattro i colori che Vittorio ritrova nel lavoro della figlia.
Il primo “…è quello fondamentale e dispotico della natura” perché, dice: “…le Eolie sono una forza che non ha bisogno di nessuno. Loro stanno lì e sono inoppugnabili….”…Il secondo colore è quello del cinema che cerca di rappresentare questi luoghi…” In L’Avventura di Antonioni, Vittorio vede le Eolie dipinte con un colore “Inquieto e incauto”. le definisce “severe” nel bianco e nero della Villeggiatura di Leto e nel documentario di De Seta. “ Il terzo colore…”, dice, “…sono le creature e i visi che nel film si incontrano….” . Ciò che più apprezza è l’ “Ironia contadina” dei molti paesani che dipingono un mondo fatto di diavoli, streghe ( chiamate “majare” ) ma anche della dura vita di tutti i giorni in balia della natura . Il “…quarto colore che li riunifica e li rende diversi da sé stessi è la dimensione personale”. Vittorio ricorda l’episodio per cui Giovanna Taviani in Kaos si trovò a dover recitare e la definisce, tra il divertito imbarazzo di Giovanna: “un’insopportabile piccola attrice che faceva le bizze con il costumista”. aggiunge Vittorio che in Fughe e Approdi “Il linguaggio documentaristico cambia perché, sebbene appartiene all’oggettivo passa attraverso il soggettivo. Se nel rappresentare la realtà ci si mettono le proprie cose più personali, si crea un rapporto più stretto con la verità che si racconta”. Il legame tra dimensione soggettiva e l’oggettività documentaristica é il felice spunto del lavoro di Giovanna Taviani, ideatrice e direttrice dal 2007 del “SalinaDocFest-Festival del documentario narrativo”.
Fughe e Approdi, presentato al Festival del Cinema di Venezia, al Festival del Cinema Europeo di Siviglia ( in concorso ) e alla Mostra internazionale del cinema Italiano è un “buon lavoro” che offre volti e storie che parlano non solo delle Eolie ma anche dell’Italia attraverso le esperienze di una regista che si definisce ancora “figlia dei fratelli Taviani”.