Gli ultimi saranno ultimi: Massimiliano Bruno presenta il suo nuovo film

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Massimiliano Bruno presenta alla stampa il suo ultimo lavoro, Gli ultimi saranno ultimi – prima incursione in territori più drammatici, senza però rinunciare alla commedia – assieme a un nutrito cast, a partire da Paola Cortellesi, già protagonista dello spettacolo teatrale da cui il film è tratto, Alessandro Gassmann e Fabrizio Bentivoglio.

Come nasce questo ulteriore passo del suo percorso artistico?

Massimiliano Bruno: “Il film sancisce una collaborazione profondissima tra Paola e me, iniziata in teatro nel ‘97. Era per me un lavoro necessario, personale perché racconta di una reazione, tema che ho dentro in questa fase, in cui sto cominciando a dire dei no. Tutti mi consigliavano di fare un film più facile, ma sono stato caparbio e abbiamo affrontato questo argomento difficile. Racconto la precarietà che vedo intorno a me da anni ed ho vissuto”.

Fino a che punto si può arrivare per riavere il proprio lavoro?

Paola Cortellesi: “Fin da quando Massimiliano scrisse il testo teatrale si era chiesto cosa spinga una persona normale con una vita media, semplice, a trasformarsi in una persona potenzialmente pericolosa. Ciò che accade a Luciana è che perde non solo la dignità, legata al lavoro, ma gli affetti, il sostegno emotivo in un momento così difficile per una donna. Questo è ciò che fa scattare il suo senso di rivalsa”.

E a proposito di reazione, Gassmann aggiunge: “Personalmente non sopporto le imposizioni e le ingiustizie. Credo che questo film sia utile ora in un paese che, come il mio personaggio, per troppo tempo ha finto di essere qualcos’altro, senza rendersi conto che la situazione era drammaticamente cambiata”.

Com’è stata quest’esperienza, rispetto allo spettacolo teatrale di 10 anni fa?

C.: “E’stato bello dedicarmi solo a Luciana, a differenza di quanto ho fatto a teatro interpretando tutti i personaggi. Nel 2005 il tema delle donne lavoratrici precarie si affacciava alla ribalta. Ora è più che mai attuale, ma se ne parla poco, fatta eccezione per Papa Bergoglio. Perciò abbiamo voluto farne un film”.

Come vedete il connubio cinema-teatro?

B.: “Se c’è una storia che funziona può esserci una trasposizione cinematografica, però si deve avere il coraggio di buttare tutto quanto fatto a teatro, o salvare poco. Nel nostro caso, ad esempio, il personaggio della domestica narratrice, centrale a teatro, non c’è nel film, ma il suo senso è in Luciana. Nello spettacolo, il passato non c’era. Qui invece, raccontiamo i nove mesi di gravidanza, con tutte le sue accezioni emotive.

Fabrizio Bentivoglio: “Spesso ciò che nasce a teatro e viene trasposto al cinema ha un valore aggiunto. Inoltre, mi ha aiutato sentirmi parte di un gruppo di lavoro preesistente, in un certo senso simile a una compagnia teatrale”.

Avete pensato di chiudere il film con più coraggio, in modo meno rassicurante?

C.: “Ne abbiamo dibattuto molto. Credo ci voglia più coraggio di questi tempi nel voler lasciare una speranza”.

L’uso enfatico del ralenti e delle musiche non è una sorta di pentimento, che riporta verso i sentimenti del pubblico?

B.: “Nella commedia all’italiana c’è un filo che lega commedia e dramma. Si può spingere più sulla comicità, come ho fatto in film precedenti. Questa volta ho voluto seguire la verità. Ma la qualità di ciò che proponi dipende dal messaggio che veicoli. Questo film vuole raccontare come si può passare attraverso l’inferno e poi reagire in modo positivo. Il ralenti enfatizza il fatto che quando passi all’inferno, qualcosa in te muore”.

In sala dal 12 novembre in 300 copie.

Scilla Santoro
Scilla Santoro
Giornalista pubblicista e insegnate, collabora con Cinefilos.it dal 2010. E' appassionata di cinema, soprattutto italiano ed europeo. Ha scritto anche di cronaca, ambiente, sport, musica. Tra le sue altre passioni c'è proprio la musica (rock e pop), assieme alla pittura e all'arte in genere.
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