Neil Labute inaugura con Out of the Blue il 33° Noir Film Festival

OUT OF THE BLUE

L’apertura del 33° Noir in Festival è stata affidata a Neil Labute, che con il suo Out of the Blue, propone un noir che si sposa perfettamente con i tratti del genere e che offre un ritratto di femme fatale affidato alla versatile Diane Kruger: “Marilyn è un personaggio che somiglia alle varie dark lady impersonate da Barbara Stanwyck o Jane Greer” spiega il regista, che con Out of the Blue vuole proporre “un tentativo di muoversi nel solco dei grandi classici del genere. Mi piaceva l’idea di una figura femminile più adulta del protagonista e che il protagonista perdesse subito la testa per questa donna.”

 

È proprio questa infatti una delle caratteristiche della splendida attrice di origine tedesca che hanno convinto Labute a voler lavorare con lei: “Ho scelto un’attrice che è in grado di rendere credibile ciò che il protagonista sceglie di fare, rischiando di mandare all’aria la propria vita in nome dell’attrazione che sente per lei fin dal primo momento. Diane Kruger mi è sembrata l’attrice perfetta, perché è un’artista che affascina e incuriosisce sia quando parla che quando resta in silenzio, e che può rendere plausibili anche situazioni estreme, come quelle che si verificano nel film”. 

Ma nessuna femme fatale funziona senza un altro personaggio che viene irretito e che subisce quel fascino così letale e irresistibile: “Per quanto riguarda Ray Nicholson (figlio d’arte, ndr), non lo conoscevo, ma quando ho avuto modo di vedere alcune delle sue interpretazioni, ho pensato: è perfetto per il ruolo, non è un criminale né un santo, è soltanto un ragazzo che aveva qualche problema nella gestione della rabbia, e infatti ha esagerato ed è finito in prigione, e adesso sta cercando di rifarsi una vita ma si ritrova invischiato in questa storia passionale e nelle sue conseguenze.”

Una controparte perfetta per il personaggio di Marilyn, quindi, per formare una coppia perfettamente inserita nel canone noir e sul quale costruire la storia del film, che fino alla fine pone degli interrogativi allo spettatore su quali siano le vere intenzioni di ogni personaggio.

Neil Labute viene da una solida esperienza teatrale che si rispecchia alla perfezione nella maniera che sceglie di mettere in scena soprattutto le scene di dialogo: “Adoro i dialoghi, adoro vedere la gente che parla e credo che attraverso le parole si possa creare la giusta tensione, dare un’idea di violenza e sopraffazione o al contrario intrattenere, divertire. In Out of the Blue vediamo spesso i personaggi che parlano senza il classico campo/controcampo. Diane e Ray hanno trovato entusiasmante lavorare così e anche a me piace, e anche questa modalità è molto classica. Ho appena rivisto Gilda e mi sono accorto di quanti dialoghi ci fossero. Le sceneggiature di allora erano il doppio di quelle attuali. Gli attori dell’epoca studiavano a lungo i copioni, molti di loro venivano dal teatro.”

Questa scelta riesce a diventare non solo di messa in scena ma anche drammaturgica dal momento che ci mostra solo quello che i personaggi vogliono che si sappia di loro, senza uno sguardo oggettivo sui loro racconti: “Nessuna delle cose che Marilyn racconta a Connor può essere verificata – spiega LabuteNon vediamo mai il marito di Marilyn, perché se lo vedessimo, lo giudicheremmo, e quindi scegliamo di credere o non credere alla donna. Questa maniera di procedere secondo me genera ambiguità. Ma non a tutti piace l’ambiguità. Molte persone vogliono andare in una sala e capire cosa sta succedendo e cosa è bene e cosa è male. Nei film noir non sempre è possibile, perché a volte i cattivi non vengono puniti e i buoni muoiono, ma secondo me è questo il bello.”

Parlando di come il film si inserisce nell contemporaneità, pur lavorando su un genere e su degli omaggi al cinema di genere noir classico, il regista continua: “La contemporaneità del film è piuttosto evidente, ovunque guardi te ne accorgi. Proprio questo mi ha indotto a scegliere location che avessero un aspetto molto classico. Sarebbe bello se qualcuno, magari fra 10 anni, vedendo il film si domandasse in che epoca è ambientato. Magari Out of the Blue non darà l’illusione di essere stato girato negli anni ’40, ma nemmeno lo scorso anno. Prendete la biblioteca in cui Connor lavora. L’ho vista e ho pensato immediatamente: ‘Accidenti, dobbiamo venire qui a girare’. In realtà era una libreria, ma l’abbiamo trasformata in una biblioteca simile a quelle di una volta. Abbiamo insomma cercato luoghi che non avessero una connotazione temporale, perché a suggerire la contemporaneità della vicenda c’erano già diversi elementi: le automobili, per esempio.”

Presentato al 33° Noir in Festival, Out of the Blue sarà prossimamente su Sky e Now.

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