Venezia 76: presentato L’ufficiale e la spia, ma senza Roman Polanski

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Foto di Luigi De Pompeis © Cinefilos.it

Peccato che in una conferenza stampa affollata ed entusiasta non sia stato presente Roman Polanski, autore del riuscito e toccante L’ufficiale e la spia, trasposizione del caso Dreyfus, una vicenda di spionaggio militare avvenuta negli ultimi anni del diciannovesimo secolo. Parlare del film senza l’autore presente diviene riduttivo e fa perdere importanza a un incontro che poteva rappresentare un prezioso momento di confronto e di approfondimento.

 

Ma i fatti ben noti e le polemiche di questi giorni hanno reso impossibile la sua presenza, si è così chiesto di concentrarsi sul film e di evitare discussioni e domande che esulassero da questo.

Erano presenti gli attori Louis Garrel, Jean Dujardin, Emmanuelle Seigner, il musicista Alexandre Desplat, il produttore francese Alain Goldman e i produttori italiani Luca Barbareschi e Paolo Del Brocco.

Sono stati i produttori a rompere il ghiaccio, chiedendo di non alimentare polemiche e parlando della genesi del film, raccontando che era un progetto difficile e fortemente attuale a cui Polanski lavorava da tanti anni.

Jean Dujardin dice di aver sempre sentito parlare di questa storia e di averne dei ricordi confusi. Poi leggendo lo script e facendo ricerche si è appassionato, arrivando a provare pudore nell’interpretare il suo personaggio e capendo che la vera star era la storia. Dopo aver girato il film gli rimane dentro la fierezza del personaggio che ha interpretato.

Ha poi raccontato del lavoro sul set e di come Polanski dirige gli attori. Di come sia pignolo e meticoloso nella composizione della scena e riveda sempre tutto nei minimi dettagli. Pone la verità sempre davanti a ogni cosa, ti scava dentro, fin nel profondo, rendendo molto difficile il rapporto regista-attore. E alla fine, quando ti ostini e non capisci, lui ti ripete all’infinito “Non fare il coglione e segui quello che dico!”

Emmanuelle Seigner ammette anche lei che conosceva molto poco della storia, ma che la lettura della sceneggiatura è stata illuminante rivelando che non è un film storico ma un thriller politico, intricato e avvincente. Non ha fatto nessuna ricerca particolare, ma ha affrontato il ruolo in maniera onesta e precisa.

Ha ricordato che oggi è il trentesimo anniversario di matrimonio con Roman Polanski e che è felice di essergli accanto da tanti anni, nella vita e sul set. Confessa che è sempre difficile capire cosa veramente vuole e di affidarsi a lui, sapendo che poi tutto andrà nel migliore dei modi.

Louis Garrel, in perfetto italiano, oltre a ribadire che anche per lui è stato un modo per conoscere la vera storia di Dreyfus, ha raccontato di aver conosciuto una sua discendente e di aver appreso con dolore che la sua famiglia fu deportata e trucidata durante le persecuzioni contro gli ebrei, nel corso della seconda guerra mondiale.

Poi per dare una vena d’ironia scherza sul aver recitato con i capelli rasati, cosa che per lui è stato un grande trauma durante tutto il corso delle riprese.

I produttori Goldman e Barbareschi hanno sottolineato l’importanza di mostrare al cinema storie come questa, perché i film sono anche uno strumento importante per conoscere e riflettere e permettono di combattere l’ignoranza. L’arte deve permettere agli uomini di fare del bene.

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