Alpha: recensione del film di Julia Ducournau – Cannes 78

Un body horror dell’anima: Julia Ducournau firma il suo film più emotivo e straziante, tra apocalisse virale e legami familiari impossibili da recidere.

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Assaggiare la carne cruda per conoscersi e passare d’età. Convincersi di condividere lo stesso sangue pur di appartenere. L’enfant prodige della new wave horror francese Julia Ducournau, già vincitrice di una storica Palma d’oro nel 2021 con Titane, torna in concorso al Festival di Cannes 2025 con Alpha. Abbandonando momentaneamente i codici più puri del body horror, la regista regala al pubblico il terzo capitolo di un’ipotetica trilogia sulla famiglia. Dopo l’iniziazione “scolastica” in Raw e il trasformismo vitale di Titane, Alpha ragiona sull’amore come forma di resistenza assoluta vagliando ogni suo movimento potenzialmente opposto: la malattia, il disagio, l’isolamento e la morte.

 
 

Alpha: l’inizio della fine

Alpha è una ragazzina di 13 anni nel pieno dell’adolescenza, che vive da sola con la mamma. Un giorno, torna a casa dopo una festa con un tatuaggio sul braccio, probabilmente eseguito con un ago infetto e in condizioni non esattamente appropriate. La madre, dottoressa che da anni cura i pazienti affetti da un misterioso virus le cui modalità di trasmissione sono simili all’AIDS, e trasforma gli umani in statue marmoree, è visibilmente preoccupata e porta Alpha a eseguire un test in ospedale. Ma le notizie viaggiano veloci e a scuola si diffonde presto la voce che la ragazzina abbia contratto qualcosa di inenarrabile.

Da queste premesse post-apocalittiche – in realtà il film è ambientato a cavallo degli anni ‘80 e’90 – parte un racconto dalle sfumature bibliche, in cui il non si tingono gli stipiti delle porte con il sangue dell’ agnello ma ci si marchia a vita per cercare di resistere. La trasmissione non è altro che unione, (com)patire il dolore dell’altro, accompagnarlo in un abbraccio fitto di lacrime. Ma è anche, e soprattutto, la storia di un fratello e una sorella, in cui una parte vira verso la morte e l’altra non vuole lasciarlo sprofondare nell’abisso a qualunque costo.

Golshifteh Farahani e Tahar Rahim restituiscono un ritratto straziante della forza totalizzante dell’amore. “Troppo amore a volte fa impazzire le persone”, confesserà Amir ad Alpha. In effetti, il concetto di intenso legame emotivo qui schizza da tutte le parti: passa per il lasciare andare, tracciare un confine nei rapporti simbiotici, e al contempo ridare dignità a chiunque sia stato abbandonato e rinchiuso negli armadi della memoria che non perdona.

Golshifteh Farahani e Mélissa Boros in Alpha
Golshifteh Farahani e Mélissa Boros in Alpha. Cortesia di NEON.

Un sogno dentro al sogno

Alpha non racconta l’evolversi rovinoso di una epidemia nel modo in cui ci aspetteremmo, quanto un tentativo di fare “ammalare” il pubblico tramite il più grande strumento dell’essere umano: l’empatia. Come se una ragazzina di 13 anni stesse facendo la vita di un junkie, cercasse di assumere su di sè il dolore degli altri. Condividere l’incubo che diventa un sogno, muoversi all’unisono, coreografare la sofferenza.

Come Ducournau con Raw aveva scoperto la prorompente Garance Marillier, qui Mélissa Boros è una vera forza della natura, che riesce a incarnare a 360 gradi l’essere adolescenti, dalla ribellione nei confronti dell’istituzione famigliare alle paure che possiamo affrontare solo se presi per mano dalle nostre mamme. C’è una sovrapposizione continua di ruoli e traumi, quasi a voler suggerire un’idea di famiglia fluida, in cui non importano le etichette ma quello che si fa per gli altri, i tentativi di comprendersi senza mai abbandonare l’altro.

Il deserto rosso non dimentica

In Alpha, di Julia Ducorunau c’è tutto e niente. Citando le sue stesse parole in un’intervista concessa a Vanity Fair, è come se con questo nuovo film dovesse reintrodursi al mondo del cinema come regista. C’è sicuramente il lavoro sul corpo, ma qui prende le distanze dal genere, osa entrare nel territorio delle emozioni da tutt’altra prospettiva: quella più umana, perfettibile, piena di contraddizioni e ambiguità. E così è il film: non un altro maestoso horror che avrebbe potuto confezionare partendo dal concept dell’epidemia. Qualcosa di nuovo, un’opera lirica mortifera, un coming-of-age a tre punte, le piaghe d’Egitto della contemporaneità.

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Sommario

Con Alpha, Julia Ducournau firma il capitolo più emotivo della sua ideale trilogia sulla famiglia, abbandonando il body horror puro per un racconto intimo e biblico sull’amore come ultima forma di resistenza. Ambientato tra gli anni ’80 e ’90, il film segue la tredicenne Alpha nel pieno di una crisi virale e identitaria. Mélissa Boros incarna con forza l’adolescenza ferita e ribelle. Alpha è un’opera lirica, dolente e visionaria, che fa dell’empatia il suo virus più potente.

Agnese Albertini
Agnese Albertini
Nata nel 1999, Agnese Albertini è redattrice e critica cinematografica per i siti CinemaSerieTv.it, ScreenWorld.it e Cinefilos.it. Nel 2022 ha conseguito la laurea triennale in Lingue e Letterature straniere presso l'Università di Bologna e, parallelamente, ha iniziato il suo percorso nell'ambito del giornalismo web, dedicandosi sia alla stesura di articoli di vario tipo e news che alla creazione di contenuti per i social e ad interviste in lingua inglese. Collaboratrice del canale youtube Antonio Cianci Il RaccattaFilm, con cui conduce varie rubriche e live streaming, è ospite ricorrente della rubrica Settima Arte di RTL 102.5 News.

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