Bardo – La cronaca falsa di alcune verità, recensione del film di Alejandro G. Inarritu

Il film presentato in concorso a Venezia 79 è l'opera più personale del regista messicano.

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Dopo l’incursione naturalistica di The Revenant – Redivivo, Alejandro G. Inarritu, il regista che ha partecipato alla conquista messicana di Hollywood, presenta a Venezia 79 Bardo – La cronaca falsa di alcune verità, un film confessione, un racconto di se stesso, un punto su quello che probabilmente è la sua vita, personale e creativa, alla vigilia dei 60 anni.

 

Bardo – La cronaca falsa di alcune verità, la storia di Silverio

La storia ruota intorno a Silverio, un giornalista messicano che ha lasciato il suo Paese per vivere negli Stati Uniti. Mentre si appresta a ricevere un prestigioso riconoscimento per il suo lavoro, l’uomo si trova a mettere in discussione se stesso, le sue scelte, la sua vita, lo sradicamento a cui ha costretto famiglia e figli, ma anche la politica del suo Messico, un luogo tanto amato solo quando lo si guarda da lontano, dal punto di vista di un “emigrato di lusso”, nell’agio della propria vita borghese negli Stati Uniti.

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Un resoconto alla vigilia del 60 anni

Inarritu confeziona un film onirico, un flusso di coscienza che ricorda per la sua struttura così ondivaga l’8 1/2 di Fellini (suo nume tutelare), ma che è anche diverso da qualsiasi cosa sia mai stata fatta. Materico anche nella rappresentazione del sogno, il regista premio Oscar dà corpo e sostanza alle rievocazioni storiche, ai pensieri più astratti, agli incubi e alle paure, ma anche ai suoi traumi personali che diventano i traumi di Silverio stesso. Nomade nella sua stessa coscienza, il protagonista non sembra trovare pace alcuna se non nella resa alla vita, con un sorriso amaro ma anche compiaciuto verso chi lo ha amato in vita. 

Il Bardo è una parola buddista che indica un luogo che corrisponde al Limbo cattolico, un lungo senza speranza dunque, dove i sogni nascono e muoiono e in cui evidentemente il regista si sente impantanato. Seppure non in forma letterale, il film è una autobiografia immaginaria, una “auto-fiction” nelle parole del regista stesso, che torna a ragionare sull’ego e sullo slancio creativo, come accadeva in Birdman, ma che questa volta si arricchisce di un senso di appartenenza alla terra e al Paese che fino a questo momento non era mai trapelato dalle sue opere, nemmeno dalle prime elogiate prove di regia come Amores Perros. Inarritu torna fisicamente in Messico, ma lo fa anche con la mente e con il cuore, confezionando un film denso, lungo, che non poteva lasciare nulla sul pavimento del montaggio perché ogni evoluzione compone il ritratto di sé che lui voleva esporre al pubblico. 

Alejandro G. Iñárritu bardo netflixCinema vigoroso e immaginifico

Da un punto di vista stilistico, Bardo è un esempio di cinema vigoroso, pieno di idee visive, un cinema che, seppure ha beneficiato della produzione di Netflix, si sente costretto nei bordi di uno schermo piccolo, perché ogni immagine è perfetta e gloriosa, e agogna la sala, la grandezza, l’esposizione e forse anche la messa in discussione, proprio come fa l’ego di Inarritu spogliandosi di se stesso eppure rivendicando con la bellezza delle immagini la sua gloria. 

Daniel Giménez Cacho è lo splendido protagonista di Bardo. Non a caso vagamente somigliante al regista, l’attore mette in scena un personaggio vittima degli eventi, testimone delle sue fortune e delle sue disavventure, sempre in balia del giudizio altrui eppure perso in se stesso, nell’inseguimento di una fama che si rivela effimera e che lo distrae da quella famiglia che lo circonda con affetto e il giusto grado di sfida. Un’interpretazione magistrale che regala una vera anima a tutte le immagini vivide e maestose che confezione il regista.

Bardo è una pagina di diario, un bilancio, una confessione, forse il film più complesso e personale di Alejandro G. Inarritu, un racconto che merita attenzione, pazienza e uno schermo più grande possibile.

Alejandro G. Inarritu presenta Bardo, la sua “auto-fiction”

Sommario

Bardo è una pagina di diario, un bilancio, una confessione, forse il film più complesso e personale di Alejandro G. Inarritu, un racconto che merita attenzione, pazienza e uno schermo più grande possibile.
Chiara Guida
Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.

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