In un mondo costruito sulla menzogna, dove ingannare è naturale come respirare, Black Bag si inserisce con uno stile raffinato e una trama avvolta nel sospetto. Diretto da Steven Soderbergh e scritto da David Koepp, il film racconta l’indagine dell’agente dei servizi segreti britannici George Woodhouse (Michael Fassbender), incaricato di scoprire un traditore all’interno dell’agenzia. La posta in gioco è alta: qualcuno ha rubato una tecnologia devastante, il temibile “Severus”, e l’ha messa in vendita al miglior offerente. Il problema più grande? Tra i sospetti c’è anche sua moglie, l’agente Kathryn (Cate Blanchett).
Un thriller psicologico che predilige il lusso alla verosimiglianza
Black Bag è un thriller di spionaggio che, piuttosto che puntare sull’azione, predilige ambienti ultra-chic, sartoria impeccabile e una patina di lusso dissoluto. Per i primi quaranta minuti, questa scelta sembra funzionare. Fassbender, con occhiali spessi da intellettuale alla Harry Palmer, incarna con precisione chirurgica la freddezza e il rigore emotivo del suo personaggio. Blanchett, come sempre magnetica, scivola tra le scene come un felino, vestita di abiti costosi e pronta a lasciare il pubblico a interrogarsi sulle sue reali intenzioni.
Tuttavia, nonostante l’innegabile fascino visivo, qualcosa non quadra fino in fondo. Abituati a thriller di spionaggio più crudi e disillusi, come la recente serie Slow Horses tratta dai romanzi di Mick Herron, gli spettatori odierni potrebbero trovare l’atmosfera di Black Bag eccessivamente patinata, poco autentica. A tratti, la pellicola sembra più preoccupata di sembrare elegante che di essere credibile.
I dialoghi brillanti di Black Bag
La sceneggiatura di David Koepp offre momenti di autentico godimento: i dialoghi sono rapidi, sagaci, con una vivacità che ricorda i migliori botta e risposta di Ocean’s Eleven. Non sorprende, visto che Black Bag segna la terza collaborazione tra Koepp e Soderbergh. Il montaggio è serrato, la regia sicura, e la colonna sonora di David Holmes — con richiami jazzy e tante percussioni — accompagna perfettamente il tono scanzonato del racconto.
La brillantezza dei dialoghi maschera la natura intrinsecamente contorta della trama, allegerendola. I personaggi, interpretati da un cast straordinario che include anche Naomie Harris, Tom Burke e Marisa Abela, si muovono su scacchiere emotive a volte poco plausibili. Le loro motivazioni appaiono confuse e questo rende lo spettatore più attento al meccanismo di svelamento del “colpevole” che alle storie dei personaggi in sé.
Black Bag è un heist movie travestito da spy thriller
Una delle intuizioni più riuscite di Soderbergh è trattare Black Bag come un heist movie sotto mentite spoglie. L’indagine interna condotta da Woodhouse procede come la pianificazione di un colpo: informazioni dosate con attenzione, sospetti che cambiano di ora in ora, un crescendo di tensione che culmina in una sorta di “resa dei conti” finale.
Una delle sequenze più memorabili è la cena trai sospetti, in cui viene somministrato un siero della verità. Ricorda, per intensità e costruzione drammatica, la scena del tavolo in Heat o la partita a poker di Casino Royale: un gruppo di persone sedute, ma con una tensione palpabile che minaccia di esplodere da un momento all’altro. Il risultato? Un crescendo di segreti svelati, di alleanze tradite, di colpi di scena in rapida successione.
Curiosa, e perfettamente consapevole, la scelta di Soderbergh di evocare l’ombra di James Bond: non solo per l’ambientazione britannica, ma anche attraverso il casting di Pierce Brosnan (ex 007) e di attori come Fassbender e Regé-Jean Page, spesso associati ai rumor su un futuro Bond. Tuttavia, Black Bag si tiene lontano dai gadget e dalle esplosioni tipiche dell’agente segreto più famoso del cinema, preferendo scavare nella psicologia del mestiere: cosa succede quando mentire diventa il tuo pane quotidiano?
Un finale che ripaga la pazienza
Nonostante le imperfezioni — e una certa sensazione di vuoto emotivo che accompagna lo spettatore durante il percorso — Black Bag offre un finale sorprendentemente soddisfacente. Soderbergh confeziona una conclusione che sembra uscita da un romanzo di Agatha Christie: in una sorta di “drawing room” conclusivo, il traditore viene smascherato, le verità sepolte riaffiorano, e ogni pezzo del puzzle trova il suo posto.
Black Bag è un elegante esercizio di stile: più interessante per come racconta la storia che per la storia stessa. Gli amanti dei thriller psicologici sofisticati e dei giochi di specchi troveranno molto da apprezzare; chi invece cerca adrenalina pura o realismo sporco rimarrà probabilmente un po’ deluso. Non il miglior Soderbergh, ma sicuramente un Soderbergh che sa ancora divertire — e farci dubitare di chiunque, anche della persona che ci dorme accanto.
Black Bag
Sommario
Non il miglior Soderberg, ma si riconosce comunque la zampata di un autore che sa sempre far divertire il suo pubblico.