Dampyr, recensione del primo film di Bonelli Entertainment

Dampyr recensione

Quando un vampiro si unisce con un’umana, lei darà alla luce un Dampyr. Questa è la tagline del film di Riccardo Chemello, basato sull’omonimo fumetto di Mauro Boselli e Maurizio Colombo e dal 28 ottobre al cinema. Un progetto annunciato da tanto tempo che finalmente diventa realtà, un film che rappresenta tante prime volte e soprattutto il primo passo verso un futuro promettente per l’industria del cinema italiano che guarda altre i confini del Paese.

 

Dampyr, la trama del film

Siamo nei Balcani, durante il tremendo conflitto che negli anni ’90 ha insanguinato l’Europa. Un manipolo di soldati guidati dal ruvido e coraggioso Emil Kurjak (Stuart Martin, Army of Thieves) viene incaricato di presiedere Yorvolak, una cittadina ormai deserta, i cui abitanti sembrano stati fatti a pezzi da un branco di bestie feroci. Allo stesso tempo, in un paesino non troppo lontano, un cialtrone di nome Harlan (Wade Briggs), con la complicità del suo socio, il giovanissimo Yuri (Sebastian Corft, Heartstopper), imbroglia dei contadini che credono che le loro case siano infestate dai demoni.

Fingendosi un dampyr, un essere nato dall’unione di un vampiro e un’umana e dotato di poteri efficaci contro le creature della notte, Harlan finge di scacciare un malocchio che non c’è, per ricevere in cambio offerte di polli, formaggio e alcool, che lo aiuta a stordirsi e a tenere lontani gli incubi che lo tormentano sin da ragazzino. Quando però viene convocato proprio a Yorvolak, non può sottrarsi agli ordini dei militari in territorio di guerra. Lì scoprirà che non tutte le leggende sono inventate e che lui stesso ne è la prova.

Una lunga attesa precede Dampyr

Annunciato nel 2018, Dampyr arriva accompagnato da grande curiosità e aspettative. Si tratta infatti dell’esordio di Sergio Bonelli Editore in veste di produttore e segna ufficialmente la nascita di Bonelli Entertainment, la divisione del colosso dell’editoria che approda su piccolo e grande schermo con le sue IP. Non a caso si parlava di prime volte. 15 milioni raccolti da SBE con Brandon Box e Eagle Pictures per mettere in piedi un progetto ardito, e il risultato, per quanto non perfetto, è assolutamente convincente, tanto che la Sony Pictures si è assicurata i diritti della distribuzione worldwide del film.

La prima volta di Riccardo Chemello

Si parlava di esordi, e infatti la pellicola segna anche la prima volta dietro alla macchina da presa di Riccardo Chemello, che arriva dalla pubblicità e ha diretto spot per Armani e Red Bull e un documentario sul parkour (suo primo amore). Affidargli questa regia così importante è stato un vero e proprio atto di fede da parte di SBE e soci, che il giovane regista, con un immaginario ricco di riferimenti al cinema contemporaneo, ha ricambiato con slancio e faccia tosta, senza farsi intimorire dal compito assegnatogli, ma proponendo il suo punto di vista su una proprietà intellettuale che ha ormai oltre 20 anni di storia editoriale e un pubblico di appassionati che, si sa, sono i giudici più feroci.

Un intelligente lavoro di adattamento

Il film è basato sui primi due numeri del fumetto, Il figlio del diavolo e La stirpe della Notte, e il lavoro di adattamento è stato affidato a Giovanni Masi, Alberto Ostini e Mauro Uzzeo, sceneggiatori della scuderia Sergio Bonelli Editore con una solida esperienza nella scrittura per il cinema.

Lavorando gomito a gomito con Boselli, il trio ha messo a punto una sceneggiatura solida e avvincente, ha onorato il testo di partenza, attualizzandone la lingua e i caratteri per il pubblico del 2022, ha ridotto i personaggi, spostato alcuni eventi, modificandoli all’occorrenza, in alcuni casi ha persino migliorato alcune dinamiche trai protagonisti e cambiato l’ordine degli eventi per dare più drammaticità alla parabola di Harlan, insomma ha trasformato il linguaggio dei fumetti in linguaggio cinematografico, conservando e rispettando lo spirito della storia originale, un’avventura a tinte horror.

Un film di genere tra i generi

Parlare di Dampyr definendolo un film dell’orrore è però impreciso e riduttivo, perché il film di Chemello ha tante anime: quella fantasy che percorre e ripropone il mito sempreverde del vampiro e che il cinema ama particolarmente; quella del film di guerra, resa credibile principalmente dalle maestose scenografie, che accendono un riflettore su un conflitto, quello dei Balcani, mai adeguatamente raccontato dal cinema e che purtroppo torna attuale, nei tempi difficili che vive il cuore dell’Europa oggi; quella che strizza l’occhio al cinema gitano di Emir Kusturica, ai suoi personaggi pittoreschi e sbilenchi; quella puramente action, che ci prende per mano e ci accompagna in un viaggio che è sì, grande avventura, ma è anche storia di formazione e ricerca di se stessi in un mondo ostile, che chiede al protagonista di abbracciare il mostruoso che è in sé e di scegliere da che parte schierarsi. 

Harlan Draka, l’eroe “di mezzo”

Harlan Draka è un dampyr, un “errore del sistema” che non sarebbe dovuto esistere, mezzo uomo e mezzo mostro, senza famiglia, senza razza, colui che può essere, allo stesso tempo, estremamente pericoloso e inestimabilmente prezioso, una creatura ibrida che dovrà compiere una scelta e che sarà affiancato da due compagni di viaggio che più diversi non potevano essere: il soldato, fiero e integerrimo, che sceglie quale guerra combattere e porta avanti i suoi ideali contro ogni avversità; la vampira, Tesla (Frida Gustavsson, Vikings: Valhalla), creatura della notte, che invece si erge contro la sua stessa natura demoniaca perché vuole essere libera dal male che l’ha soggiogata e condannata a una vita di non-morta. Harlan imparerà a fidarsi di entrambi, affidando la propria vita a quelli che in altre circostanze potrebbero essere suoi nemici naturali. Ma la guerra, si sa, fa cadere molti confini, e rende possibile l’impossibile, persino che un soldato e una vampira imparino a fidarsi l’uno dell’altra.

I volti di Dampyr – il film

A dare corpo ai personaggio di Mauro Boselli e Maurizio Colombo un cast di volti noti e meno noti, tra cui Sebastian Corft e David Morrissey, guidato da Wade Briggs, Stuart Martin (su tutti) e Frida Gustavsson, un trio carismatico che rappresenta uno degli elementi più felici della pellicola. A questo va sicuramente aggiunto il lavoro fatto in fase di ricerca delle location. Il film è girato in Romania, in veri e propri set a cielo aperto, che restituiscono a pieno le immagini dei luoghi anche solo accennati nei disegni di Majo, in alcuni casi ricostruiti uno a uno.

Ma anche il lavoro necessario per portare indietro nel tempo i luoghi, gli abiti, i volti, quello per fotografarli nella luce migliore, quello fondamentale per rendere credibile il fantastico e minacciosi i vampiri, hanno contribuito in maniera fondamentale a dare a Dampyr la sua atmosfera cupa, sospesa nel tempo eppure perfettamente ancorata nella ruvida realtà della guerra, vero fiore all’occhiello del film. Peccato per alcune ingenuità nella resa del terzo atto, là dove lo scontro finale doveva essere il cuore dello spettacolo e invece si rivela leggermente sottotono rispetto ad una prima parte entusiasmante e convincente.

L’ambizione internazionale di Dampyr

Nonostante qualche incertezza, che si può perdonare ad un’opera prima di questa portata, Dampyr dà al cinema di produzione italiana una spinta verso il mercato internazionale con tanta ambizione ma anche con le spalle forti di una squadra che è riuscita a mettere in piedi un film, che non è solo un’avventura per il cinema avvincente ed emozionante, ma anche un primo mattone su cui costruire un universo che porterà sul grande e piccolo schermo le avventure SBE. Con l’obbiettivo di mettere sempre al centro l’autore e il personaggio, Bonelli Entertainment si prepara a dare corpo a tutti quei personaggi di carta e inchiostro che hanno popolato l’immaginario collettivo, guardando oltre i confini del mercato italiano. E Dampyr è solo il primo passo.

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Chiara Guida
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Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
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