Decision to Leave: recensione del film di Park Chan-wook

Pochi autori contemporanei sanno insinuarsi nella mente e sotto la pelle del pubblico come Park Chan-wook

decision to leave recensione

Se i tempi di Oldboy sono ormai lontani – e il motivo principale è che il cinema è profondamente cambiato nei quasi vent’anni dall’uscita del film – questo non significa che Park Chan-wook abbia perso la sua visione personale di cinema. L’ha magari leggermente adattata a quelle che sono le coordinate imposte dal nostro presente, non mancando però di inserire una suo discorso mai scontato sui rapporti interpersonali.

 

Decision to Leave diventa La donna del mistero

A dimostrarlo arriva il suo ultimo Decision to Leave (in italiano La donna del mistero), presentato al New York Film Festival e prima ancora a Cannes, dove ha ottenuto il Premio Per la Regia. Un riconoscimento assolutamente meritato, in quanto la messa in scena di questo mix audace e spietato di giallo, commedia e melodramma è senza dubbio il pregio maggiore del film.

Decision to Leave, la trama

La prima metà di questo poliziesco d’autore è un susseguirsi di trovate originali, di guizzi registici, di piccole gemme di scrittura che si incastonano a formare un mosaico narrativo prezioso. La storia segue le indagini che il detective Hae-jun (Park Hae-il) deve condurre dopo che un uomo è morto a causa di un apparente incidente in una scalata. Il poliziotto non è però convinto della casualità della morte e comincia a sospettare della moglie della vittima, Seo-Rae (Tang Wei), di origine cinese. Pian piano però l’uomo comincia a sviluppare un coinvolgimento emotivo molto forte nei confronti della vedova, sentimento che lo porterà a mettere a repentaglio la propria professione.

Nella precisione del racconto e nella delineazione delle psicologie dei due protagonisti Decision to leave segue in maniera esplicita le coordinate della commedia romantica, salvo però inserirle in una detective-story in piena regola, dove il non detto – o meglio in questo caso il “lost in translation” – creano un effetto dolcemente straniante, un’atmosfera particolare che coinvolge lo spettatore in un gioco psicologico affascinante. Il film viaggia spedito e brioso verso una seconda metà in cui invece si trasforma in un melodramma romantico, senza però perdere di efficacia. Questo scivolamento costruito  in maniera tanto specifica e coerente risulta estremamente difficile da trovare nel cinema contemporaneo, a conferma della lungimiranza con cui Park Chan-wook sa realizzare i propri lungometraggi. A livello ideale e cinematografico dunque Decision to Leave possiede due anime, eppure rimane un progetto solido, compatto e coeso. Una vera rarità. 

Un romantico e doloroso gioco al massacro

La riuscita di questo romantico e doloroso gioco al massacro tra uomo e donna non sarebbe potuta essere talmente efficace senza l’apporto prezioso di Park Hae-il) e soprattutto Tang Wei: se infatti l’attore costruisce con minuzia le piccole indecisioni, le minuscole fratture che permettono il progressivo sgretolamento della corazza professionale del poliziotto, l’anima pulsante di Decision to Leave è senza dubbio la sua poetica ed eterea protagonista, una donna la cui malinconia è raccontata attraverso un’enorme varietà di sfumature, che Tang Wei riesce a tratteggiare in tutta la loro potenza. Dopo averla amata in Lussuria di Ang Lee e ammirata in Blackhat di Michael Mann, arriva con questo lungometraggio la conferma definitiva che ci troviamo di fronte a un’attrice completa, capace di dare spessore e coerenza a personaggi dalla complessità non comune. 

Pochi autori contemporanei sanno insinuarsi nella mente e sotto la pelle del pubblico come Park Chan-wook: nel caso di questo suo ultimo Decision to Leave lo ha però fatto con una grazia sorprendente, portandoci all’interno di una storia d’amore impossibile e poetica, scandita da momenti di cinema che soprattutto nella prima parte rendono Decision to Leave un lungometraggio frizzante e insieme profondo. Un “oggetto misterioso” e variegato dal fascino tutto particolare. 

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Adriano Ercolani
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