Escobar – Paradise Lost: recensione del film con Josh Hutcherson

Escobar - Paradise Lost

Pablo Escobar è senza dubbio uno dei criminali più famosi della storia, un uomo che è riuscito, anche nel tempo, a creare un culto della sua persona, e a porsi come figura positiva e benevola agli occhi di coloro che hanno vissuto nella sua ombra. Questa figura è diventata ora soggetto di Escobar – Paradise Lost, esordio alla regia dell’attore Andrea Di Stefano che ha cercato un modo alternativo per raccontare la grandezza e soprattutto la caduta del Re della Cocaina.

 

Escobar – Paradise Lost assume il punto di vista di Nick (Josh Hutcherson), un giovane canadese che si trasferisce in Colombia con il fratello per cambiare vita, alla ricerca di un Paradiso Perduto che ai loro occhi è quell’esotico paese del Sudamerica. Nick incontra e si innamora di Maria (Claudia Traisac) una giovane donna del posto che ha legami di parentela con Pablo Escobar (Benicio Del Toro), figura misteriosa che gode del sostegno popolare e sta avviando una carriera nella politica del paese. Appena Nick viene introdotto in famiglia dalla bella Maria, capisce che c’è qualcosa che non va, che i sorrisi, le riverenze, i grazie riservati al Signor Escobar nascondono qualcosa di misterioso e che Pablo non è la figura paterna e protettiva che mostra in pubblico.

Escobar – Paradise Lost, il film

Escobar - Paradise LostEscobar – Paradise Lost è nettamente diviso in due parti, una lunga introduzione, la costruzione di un antefatto dai contorni confusi, raccontato attraverso salti temporali che confondono lo spettatore e lo disorientano. La seconda parte invece ha una struttura più coesa e racconta il momento in cui la parabola di Escobar è in discesa: l’urgenza della fuga, lo scoppio di violenza, il radicale nel cambio di ritmo trasformano la seconda metà del film in una incalzante caccia all’uomo che coinvolge e emoziona lo spettatore.

Ottimi sono invece i protagonisti della vicenda; Josh Hutcherson si conferma un buon interprete, permettendo allo spettatore di affezionarsi al suo personaggio e donandogli molto più spessore di quello che invece fa una regia incerta e non ancora ben definita. Benicio Del Toro invece offre un’interpretazione misurata, precisa, fondata principalmente sugli sguardi, sui movimenti, sulla postura, e riesce apparentemente senza fatica, a restituire la gravitas, lo spessore che un personaggio del genere richiede.

Pur avendo momenti interessanti, Escobar – Paradise Lost si riduce ad un progetto confuso che probabilmente nell’inesperienza dietro al macchina da presa del regista trova il suo punto debole.

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