Fiabeschi torna a casa 2 L’ormai 40enne Enrico Fiabeschi (Max Mazzotta) dopo aver speso alcuni anni della sua vita a Bologna senza finire gli studi né trovare un posto fisso o una relazione stabile, riscende verso il sud Italia, nella Calabria dov’è nato, per un momento di raccoglimento interiore. Trova tutto com’era prima, dalla famiglia, che ora cerca di trovargli un posto di lavoro sfruttando conoscenze, agli amici, che provano a coinvolgerlo in qualche iniziativa lavorativa, ai luoghi, immutati. Cambia solo l’amore, che sembra poter avere una possibilità. Arriva alla conclusione che la casa non è quella fisica, ma quella interiore, dentro ognuno di noi.

 

Siamo di fronte qui ad una sorta di spin-off su Fiabeschi, personaggio ideato dal fumettista Andrea Pazienza, già apparso in Paz (2002) di Renato De Maria. Il personaggio era fumetto in origine e fumetto resta anche nel film, dominato da espressioni facciali volutamente esagerate che talvolta vorrebbero solo l’ausilio della vignetta per essere rimarcate a dovere.

Fiabeschi torna a casa , nella sua Calabria dove il tempo sembra non esser passato. Interrompe quel  sogno di chi dal sud va al nord per cercare più fortuna, in un ritorno che qui funge da metafora per una vita che non solo si ferma, ma addirittura fa retromarcia, tornando indietro e riscoprendo il sapore delle origini. Ma è una vita stantia, bloccata, senza alti e bassi. Un piattume che sembra incarnare alla perfezione anche Fiabeschi, che più che esser preoccupato della situazione, ci convive passivamente, in un, per la verità mai palesato, “prima o poi qualcosa accadrà”.

Mazzotta è senz’altro bravo e riesce a rendere tutto brioso e fumettistico. Interessanti anche diversi spunti di regia (che lo vede all’esordio), dove spiccano carrelli all’indietro e sguardi in macchina del protagonista, che favoriscono una continua identificazione e un coinvolgimento col personaggio e contribuiscono allo stile brioso dell’attore-fumetto. E il tutto odora, a tratti, di surreale, quasi come si fosse sospesi sul filo della realtà.

La sceneggiatura però è debole. In sostanza, succede poco. Il film risulta vincente nelle situazioni, una commedia che fa sorridere e può far riflettere. E tendenzialmente, il proseguire per situazioni, per gag senza che si sviluppi un intreccio degno di nota, potrebbe rispecchiare la vita del protagonista dove in effetti succede poco o niente, non scende né si sale.

Tuttavia tanti, troppi momenti nel film vengono fatti nascere, ma poi non approfonditi. D’accordo il voler rendere tutto inconcludende, ma qui la sensazione è che si sia accumulato materiale e poi non dispiegato a dovere. Va benissimo un film che sappia parlare del nulla, ma dovrebbe mantenere allora questa linea nella sua totalità, senza cedere a facili altalene situazionali, specie se non ne conosceremo mai uno sviluppo o una conclusione.

Max Mazzotta ha creato così un’icona, prendendola e riprendendola in prestito da altri, in un personaggio riuscito, ma che forse funzionerebbe meglio in un contesto dove si riesca ad essere sospesi e superficiali in tutto e per tutto, a immagine e somiglianza del protagonista.Fiabeschi torna a casa

- Pubblicità -