Fino all’Ultimo Indizio, recensione del film con Denzel Washington

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Fino all'Ultimo Indizio

Dopo aver raccontato l’altra faccia dell’iconica storia dei criminali Bonnie e Clyde in Highwaymen – L’ultima imboscata, John Lee Hancock torna a proporre una storia che si immerge nelle atmosfere del crime drama, offrendo un omaggio al noir, laddove in precedenza aveva tenuto presente principalmente il western. Lo fa firmando regia e sceneggiatura di Fino all’Ultimo Indizio, il suo ultimo film che arriva direct to digital per Warner Bros Distribution. Il film, che ha già riscosso un discreto successo negli Stati Uniti, ha anche conquistato una prestigiosa nomination ai Golden Globes 2021 per il migliore attore non protagonista, Jared Leto (premio andato poi a Daniel Kaluuya per Judas and the Black Messiah).

 

La trama di Fino all’Ultimo Indizio

Fino all’ultimo indizio racconta la storia del vice-sceriffo di contea californiana di Kern, Joe Deacon (Denzel Washington), che viene inviato a Los Angeles per una raccolta di prove. Quello che doveva essere un veloce incarico si trasforma in un’indagine impegnativa, quando Deacon si ritrova coinvolto nella caccia al serial killer che sta seminando il panico in città.
È lo stesso sergente Jim Baxter (Rami Malek), che si occupa del caso, a richiedere l’aiuto del vice-sceriffo, perché colpito dalla sua capacità di prestare attenzione anche alle “piccole cose” e scovare indizi difficili da intuire. Baxter, nel corso delle indagini, ignora totalmente, però, che il caso sembra svelare alcuni segreti di Joe, appartenenti a un oscuro passato e con cui l’uomo deve ancora fare i conti, un caso irrisolti con risvolti tragici. La collaborazione trai due porterà all’identificazione di un sospettato che si rivela essere molto diverso da un criminale normale, un soggetto scaltro, intelligente, un reietto della società che però ha delle sue regole. Contro di lui Baxter concentrerà le sue forze. Ma nel finale a sorpresa il giovane sergente capirà che la realtà non è sempre quella che sembra, e che la legge e la legalità raramente vanno di pari passo con ciò che è giusto fare.

Le dinamiche narrative messe in scena da Hancock sono tradizionali, da una parte c’è un detective anziano, disincantato disposto a far passare il suo sapere anche se con una reticenza sospettosa, dall’altra un giovane sergente, un uomo tutto d’un pezzo che ha grande fiducia nei mezzi che la legge gli fornisce. Tra di loro un sospettato che imparerà con un certo gusto a giocare con i suoi accusatori. Sembra la dinamica vista in Seven di David Fincher, o in altri mille thriller di investigazione, eppure Fino all’ìUltimo Indizio assume una dimensione esistenzialista seguendo da vicino i personaggi, le loro ambizioni, le loro paure e il loro modo di approcciare alla vita, così diverso e condizionato dalle rispettive esperienze. Più che la caccia all’assassino, al regista sembra importare qual è lo stato d’animo con cui i personaggi si approcciano alle loro giornate.

Un tris incredibile di protagonisti

A questo scopo, particolare valore assume la scelta di in trittico di attori di spessore. Denzel Washington offre la sua quasi ovvia solidità da attore consumato e si confronta con un Rami Malek che, nonostante sembra sia fuori parte il più del tempo, riesce comunque a comunicare le sfumature del carattere che gli viene affidato. Jared Leto, dal canto suo, seppure in meno tempo, riesce a infondere tutto il suo metodo in un personaggio affascinante e sfuggente, diverso da altri psicopatici (forse) omicidi che abbiamo visto sullo schermo.

È interessante come, per Hancock, il luogo prediletto per portare avanti le indagini non sembra essere la strada, la scena del crimine, ma la mente stessa del detective. Se il giovane e metodico Baxter si affida alle prove, ai rilievi, alla scienza dietro l’investigazione, l’approccio di Deacon è più intuitivo e allo stesso tempo più analitico: il personaggio magistralmente interpretato da Denzel Washington si ferma, immagina, soppesa, razionalizza, osserva tanto e prevede gli scenari e i momenti nei quali è possibile cadere in fallo. Deacon è capace di calarsi davvero nella mente dell’omicida che i due cercano, ma allo stesso tempo è afflitto dal rimorso e da una storia personale oscura, è un personaggio con diversi strati e piani, e l’idea che ci dà Fino all’Ultimo Indizio è che alla fine della storia, Baxter sarà un po’ meno ligio e fiducioso e un po’ più simile al suo collega anziano.

Più concentrato sull’ambiente e sulle atmosfere che sulla narrazione intesa come progressione di eventi, Fino all’Ultimo Indizio è un thriller efficace ed affascinante, che si avvale di ottime interpretazioni e di un ritmo dilatato e ipnotico.

Fino all'Ultimo Indizio recensione

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Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
fino-allultimo-indizioPiù concentrato sull’ambiente e sulle atmosfere che sulla narrazione intesa come progressione di eventi, Fino all’Ultimo Indizio è un thriller efficace ed affascinante, che si avvale di ottime interpretazioni e di un ritmo dilatato e ipnotico.