Flee, recensione del documentario di Jonas Poher Rasmussen

Distribuito da I Wonder Pictures, il film arriva al cinema dal 10 marzo.

flee recensione

Flee significa “fuggire”. È anche il titolo del documentario di Jonas Poher Rasmussen che racconta di una fuga, appunto, quella di Amin, che scappa dalla sua casa di infanzia, l’Afghanistan, dalla Russia, dal suo nome, da quello che era, trovandosi alla fine senza identità, senza un posto che può definire casa, senza più la sensazione, a cui tutti dovremmo avere diritto, di sentirci al sicuro in un posto.

 

La trama di Flee

Amin ha 36 anni, vive in Danimarca, è un affermato docente universitario e sta per sposarsi con il suo compagno. Ma proprio poco prima delle nozze, il passato torna a fargli visita, facendogli ripercorrere gli anni della sua gioventù, quando dall’Afghanistan arrivò in nord Europa dopo un lungo viaggio, con la speranza di chiedere asilo.

La storia vera di Amin (nome di fantasia), viene affidata all’amico documentarista Jonas Poher Rasmussen che sembra affidarsi all’animazione per una esigenza espressiva: le immagini disegnate e animate raccontano, con un linguaggio universale, quello che è stata l’atroce esperienza del protagonista. Ci sono momenti in cui si lascia spazio alle immagini di repertorio, ma sono attimi, piccoli squarci di realtà che irrompono in una storia che si fa scudo con il disegno. Man mano che Amin racconta gli episodi più traumatici che ha vissuto, l’animazione diventa stilizzata, rarefatta, dà solo l’impressione di quello che accade, perché per pudore lascia al buio ciò che invece nella memoria del protagonista che racconta in fuori campo è sin troppo vivido. 

Una triplice nomination agli Oscar 2022

Il film viene giustamente celebrato anche per il suo curioso primato, nella stagione dei premi hollywoodiani. È infatti il primo caso di film nominato agli Oscar 2022 in tre categorie: miglior film internazionale, miglior film d’animazione e miglior documentario (categoria che potrebbe aggiudicarsi). Questa intersezione di voci e generi rende Flee un prodotto unico e in effetti ne denuncia le anime: è un film internazionale, non solo perché, dal punto di vista dell’Academy, non è in lingua inglese, ma proprio perché è il frutto di una moltitudine di sforzi (si tratta di una co-produzione Danimarca, Francia, Svezia, Norvegia, Stati Uniti, Slovenia, Estonia, Spagna, Italia, Finlandia); si tratta di un film d’animazione a tutti gli effetti, con minimi inserti di filmati d’epoca e con un uso espressivo notevole del mezzo animazione; è un documentario che racconta una storia personale, una vita pesantemente condizionata dalla storia, che, sebbene sia ambientata negli anni ’90, risulta oggi terribilmente attuale a causa della terrificante e ingiustificata azione bellica in corso in Ucraina a opera dei Russi. 

Il diritto alla casa e alla vita

È difficile riguadagnare la propria identità quando si è passata tutta la propria giovane vita a fuggire, a rinnegarsi, a non avere un nome e nemmeno dei documenti, quando ci si sente ancora in pericolo perché il proprio passato è troppo oscuro per farlo venire alla luce.  Con difficoltà, Amin riesce a condividere la sua storia con Rasmussen che ha scelto questo linguaggio raffinato e pudico per raccontare una sofferenza indicibile, che riguarda tutti noi e che mai come in questo momento storico è ancora attuale. 

La fuga di Amin è quella di migliaia di persone, non tutti hanno avuto la sua caparbietà o la sua fortuna a sopravvivere, ma tutti meritano la possibilità di trovare un posto che possano chiamare casa, quando la casa diventa il posto in cui ci si sente accolti, amati, unici e al sicuro.

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Chiara Guida
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Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
flee-jonas-poher-rasmussenLa fuga di Amin è quella di migliaia di persone, non tutti hanno avuto la sua caparbietà o la sua fortuna a sopravvivere, ma tutti meritano la possibilità di trovare un posto che possano chiamare casa, quando la casa diventa il posto in cui ci si sente accolti, amati, unici e al sicuro.