
Dopo oltre due anni dalla sua prima folgorante e discussa apparizione alla 71a Mostra del Cinema di Venezia, finalmente approda anche sugli accaldati schermi estivi italiani Goodnight Mommy, ipnotico e perturbante thriller dalle venature vagamente orrorifiche e dalle cupe atmosfere nordiche firmato da Severin Fiala e Veronika Franz – moglie del celebre e provocatorio Ulrich Seidl, qui anche produttore – sotto forma di una malsana e inquietante narrazione che guarda tanto all’essenzialismo estetico delle ruvide pellicole di Haneke quanto a tutto un nutrito sottobosco di cinema psicologico di genere che a tratti omaggia persino il maestro Hitchcock. Usando uno spunto drammatico fra i più minimali e archetipici – una Casa, due Fratelli e una (presunta) Madre – le due registe austriache scavano nel profondo di un’apparente tranquillità quotidiana, ben resa dalle architetture razionaliste della grande villa che fa da palcoscenico alla morbosa vicenda, fino a farne letteralmente scaturire il marcio nascosto sotto la superficie come da manuale lynchiano.
Goodnight Mommy è un thriller ipnotico e perturbante
Chi è questa donna misteriosa così nervosa che non pare neppure riconoscere i propri pargoli? Perché si chiude ore nella sua stanza fingendo di dormire? E soprattutto, perché nessuno è ancora riuscito a vederne interamente il volto? Domande sospette che attanagliano tanto lo spettatore quanto i due piccoli protagonisti che, esattamente come due spauriti eroi di una fiaba nera nordeuropea, si trovano a convivere con un’entità femminile che percepiscono estranea e da cui ben presto credono di doversi difendere. Piccoli indizi vengono intelligentemente centellinati nel corso delle varie inquadrature estatiche e formalmente impeccabili, montate attraverso un freddo ritmo contemplativo che accresce ancora di più la tensione che si accumula col passare del tempo, fino a giungere a un epilogo tanto semplice quanto scioccante per la sua crudezza di realtà . Essenzialità , subliminali tocchi surrealisti e potere del mistero (nel senso hitchcockiano di qualcosa che lo spettatore non sa ma che i personaggi sembrano conoscere) sono le colonne portanti di una pellicola tagliente e disturbante, un incubo minimale che produce ribrezzo e meraviglia tanto quanto le brulicanti blatte allevate dai due giovani fratelli minacciati.

