Il fondamentalista riluttante recensione film

Nelle sale dal 13 giugno, Il fondamentalista riluttante è l’ultimo prorompente film diretto dall’indiana Mira Nair. Tratto dall’omonimo romanzo di Moshin Hamid, la pellicola racconta la tensione, la paura, l’odio e il sospetto che dall’undici settembre avvelenano il dialogo tra l’Occidente e il mondo musulmano. Ci sono diverse forme di fondamentalismo (non solo islamiche) e Mira Nair coglie l’occasione per raccontarcele con naturalezza e delicatezza, attraverso gli occhi e il cuore di un giovane pachistano.

 

Lui è il professor Changez Khan (Riz Ahmed) e la sua storia è quella snocciolata, con passione e devozione, nell’intervista/confessione che rilascia minuto dopo minuto, sparo dopo sparo, al giornalista americano Bobby Lincoln (Liev Schreiber). Lahore. La voce di Changez risuona malinconica e amara mentre fuori dilaga la furia degli studenti manifestanti. Si era trasferito in America a 19 anni ed era diventato un brillante analista finanziario a Wall Street. Innamorato della vulnerabile fotografa Erica (Kate Hudson) e appassionato al suo lavoro, si apprestava a diventare una giovane promessa della finanza e il diletto del suo mentore Jim Cross (Kiefer Sutherland), quando l’undici settembre gli ha portato via la speranza di un futuro invidiabile. Da americano privilegiato, stimato e rispettato, in un attimo, era diventato un pachistano guardato con sospetto e disprezzo, oggetto di pregiudizi e stupide ritorsioni.

Il senso di alienazione misto a frustrazione e rabbia era ormai tale da non farlo più sentire a proprio agio nei panni del self-made man americano. L’amarezza e l’inquietudine lo hanno travolto e l’orgoglio pachistano lo ha riportato alla sua terra di origine. Tra la commozione dei ricordi e il dolore del presente, si paleserà anche la reale motivazione che ha condotto Bobby da Changez. A dimostrazione del fatto che, ancora una volta, sarà la diffidenza e il feroce sospetto verso l’alterità a prendere il sopravvento.

Il fondamentalista riluttante è la commovente e delicata di un conflitto interiore

Quella portata in scena da Mira Nair ne Il fondamentalista riluttante è la commovente e delicata storia di un conflitto interiore, prima ancora che religioso e culturale. Un dissidio lacerante tra la propria identità e la percezione che ne deriva, tra l’orgoglio culturale e il successo personale e lavorativo, riflesso di una vita solo all’apparenza perfetta. La regista indiana è ardita quanto risoluta nel voler raccontare un’altra versione del fondamentalismo, quella riluttante e difficile vissuta questa volta da un uomo colto e istruito che, a proposito dell’attacco alle torri gemelle dice “la crudeltà di quel gesto è inferiore solo alla sua genialità”.

Con sussurrata malinconia e lucidità narrativa, Mira Nair mette a fuoco il cuore della vicenda, senza abbandonarsi a inutili sentimentalismi o a retoriche da quattro soldi, armonizzando la narrazione con grande ritmo e lealtà, ma lasciando che sia proprio il sentimento la chiave della mancata integrazione. Se il suo scopo era quello di mostrarci l’illusorietà della verità e la sua indecifrabile natura, ci è riuscita benissimo, catapultandoci nel fermento culturale di tre città affascinanti quanto insidiose, ma soprattutto nel maremoto emozionale di Changez. Un carismatico pachistano con un innato bisogno: quello di risvegliare un Io che possa ridare colore al suo mondo.

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RASSEGNA PANORAMICA
Chiara Temperato
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il-fondamentalista-riluttante-di-mira-nairCon sussurrata malinconia e lucidità narrativa, Mira Nair mette a fuoco il cuore della vicenda, senza abbandonarsi a inutili sentimentalismi o a retoriche da quattro soldi, armonizzando la narrazione con grande ritmo e lealtà, ma lasciando che sia proprio il sentimento la chiave della mancata integrazione