Io sono l’Amore: recensione del film di Luca Guadagnino

Io sono l'Amore

Riscuotendo molto successo nei maggiori festival internazionali, tra cui il Tiff e il Sundance, arriva nei cinema italiani Io sono l’Amore di Luca Guadagnino.

 

In Io sono l’Amore si racconta la vita di una ricca famiglia dell’alta borghesia lombarda, i Recchi, le sue dinamiche di successione, i rapporti cristallizzati in un sistema gerarchico vecchio di generazioni, le nuove leve che vogliono farsi spazio, le vecchie che faticano a trovare una collocazione nel mondo in cambiamento. E tra i fasti di pranzi e saloni, Antonio, un cuoco di estrazione sociale bassa, abituato al lavoro manuale, ma dai gusti culinari sofisticati, intreccia la sua vita con la famiglia Recchi, in particolare con il primogenito erede e con sua madre, Emma, donna elegante e non più giovane ma con la voglia di evadere dalla usa prigione dorata.

Io sono l’AmoreUn’intenzione ambiziosa quella di Guadagnino che vuole tratteggiare, senza mai veramente raccontare, la vita di questi uomini ricchi, così lontani dalla quotidianità e così apparentemente distanti da tutto ciò che nel film è rappresentato da Antonio. Tuttavia l’intenzione, per quanto non priva di una certa vivacità cromatica che si evidenzia soprattutto nelle sequenze culinarie, non riesce a convincere lo spettatore, spiazzato e disorientato dalla vicinanza dei soggetti, dalla loro frammentazione davanti ad un obbiettivo che provando ad andare all’interno perde la concretezza di una storia che almeno esteticamente poteva essere soddisfacente ma che si piega su se stessa.

Lo scoppio della passione tra l’austera Emma e il giovane Antonio è glissato, lasciando inespressa una scena con un potenziale estetico non indifferente; ma se l’inizio della relazione viene solo sfiorato dalla mdp, il suo svolgersi in simbiosi con una natura rigogliosa è tutt’altro che lasciato sotto silenzio. Guadagnino indugia oltremodo, forse troppo, sui corpi fusi insieme, sempre in maniera ravvicinata, sempre senza dare mai un’immagine complessiva della scena, lasciando lo sguardo amputato, desideroso di vedere l’insieme che è irrimediabilmente sottratto e reso frammento di immagine.

Io sono l’Amore

Gli interpreti, pur di ottimo livello, non sono supportati nel loro agire da azioni motivate, demerito di una sceneggiatura precaria che non svolge nessun racconto e che sparge i componenti della famiglia Recchi per l’Europa, da Londra a Nizza, senza una vera e propria necessità narrativa, ma dando ancora di più l’impressione di dispersione delle parti, di disfacimenti del filo narrativo che non si raccoglierà più per tutti i 120 minuti di film, filo del quale, in verità, non se n’è mai trovato il capo.

E purtroppo il risultato è proprio questo: una serie di frammenti slegati, un susseguirsi di gesti e impulsi che faticano a incollarsi gli uni con gli altri e che caratterizzano negativamente la farraginosità di un film che non riesce a decollare nonostante le presenze di interpreti carismatici ma non alla loro migliore interpretazione.

- Pubblicità -