La Chambre Bleue: recensione del film

Nata dalla penna immortale di Georges Simenon, e riadattata in chiave contemporanea da Mathieu Amalric che firma regia e sceneggiatura, la storia de La Chambre Bleue risplende su grande schermo con estrema eleganza e timbro autoriale. Selezionata al Festival di Cannes numero 67 nella sezione Un Certain Regard, e ora nella vibrante cornice del Torino Film Festival 32, la pellicola mescola alla perfezione la calma e il dettaglio del romanzo con la forza visiva del cinema.

 

In La Chambre Bleue Una grande finestra aperta che affaccia su una strada tranquilla, silenziosa, in un paesino della Loira. Se ne sta immersa in una tale quiete che i soli rumori che svolazzano nell’aria appartengono alle tende spostate dal vento e ai baci degli amanti. Julien Gahyde è rannicchiato al sicuro nel suo paradiso artificiale, stringendo la donna che ha riacceso in lui una passione ormai in macerie, Esther. A casa, nella più totale solitudine, lo aspetta invece una moglie diventata inutile, superflua, che improvvisamente viene brutalmente assassinata. La camera blu di Julien, riparo nel quale è al sicuro da ogni cosa, si trasforma dunque in un inferno fatto di aule di tribunale, di celle preventive e interrogatori infiniti poiché è il primo sospettato dell’omicidio.

La Chambre Bleue, il film

La Chambre Bleue

Il talentuoso regista francese, anche attore nella parte del protagonista Julien, mostra per l’ennesima volta il suo incredibile talento davanti e sorprendentemente dietro la macchina da presa, scegliendo con estrema cura le sue inquadrature, i suoi colori pittorici e i suoi tempi narrativi. L’unico errore risiede forse nella troppa sicurezza, spezzare in modo netto il film in due parti è funzionale al racconto, ma non al ritmo generale. Ci ritroviamo così un primo segmento etereo, poetico, girato con occhio sopraffino eppure dinamico, contro un secondo tempo più statico costituito perlopiù da lunghi dialoghi e ricostruzioni.

Una visione di stampo teatrale, che nel buio della sala spezza però la tensione in maniera troppo marcata. A correre in soccorso una durata contenuta, 75 minuti, che evita un ingiusto e immeritato naufragio. A spalleggiare in modo impeccabile l’artista francese ci sono Stéphanie Cléau, complice sulla scena e nella vita, poiché c’è anche il suo zampino nella stesura della sceneggiatura, e Léa Drucker, attrice dall’infinita esperienza che incarna con glaciale talento la moglie abbandonata e solitaria.

La Chambre Bleue

Un prodotto dunque che incarna in maniera impeccabile due elementi chiave del cinema d’oltralpe, inoltre intoccabili al pubblico francese, il tema poliziesco e l’eleganza della messa in scena. Un film da gustare come un bicchiere di buon vino fra le mani, con le guance illuminate dal fuoco che crepita nel camino e con delle castagne appena sfornate sul tavolo di legno.

 

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