La maman et la putain, recensione del film di Jean Eustache

Grazie ad I Wonder Pictures, il film arriva per la prima volta nei cinema italiani dal 13 marzo.

La mamain et la putain film

Film mitico nel modo in cui è passato alla storia, imponente nella sua durata, libertino e crudo nelle modalità di racconto, Grand Prix du Jury al Festival di Cannes del 1973 dove fece scandalo, e rimasto invisibile per decenni, arriva dal 13 marzo per la prima volta al cinema La maman et la putain di Jean Eustache. Falsa commedia di buone maniere, contrappunto acido alla Nouvelle Vague, vero diamante nero del cinema francese, il film di Eustache è tutto incentrato su un certo modo attento di parlarsi, un certo modo di uomini e donne di cercarsi, di incontrarsi, di mancarsi e di farsi soffrire, che risuona con i temi di oggi ma in un modo forse meno codificato, più ambiguo, più rischioso e quindi più sincero.

 

La maman et la putain, l’odissea per arrivare al pubblico

La maman et la putain racconta alcuni giorni della vita di un giovane ozioso, Alexandre (Jean-Pierre Léaud), che passa la maggior parte della sua quotidianità a chiacchierare nei caffè. Vive con la sua amante Marie, interpretata da Bernadette Lafont, mentre cerca di convincere la sua ex fidanzata Gilberte, interpretata da Isabelle Weingarten, a tornare da lui. Dall’altro lato, inizia a frequentare Veronika (Françoise Lebrun), una giovane infermiera che incontra per strada.

Il 19 gennaio 2022, Charles Gillibert, direttore della casa di produzione e distribuzione Films du Losange, ha dichiarato a Le Monde che Boris Eustache, figlio di Jean Eustache, gli aveva ceduto i diritti di tutti i film del padre. Il film di punta del regista prematuramente scomparso era praticamente introvabile, a parte una fuggevole trasmissione sul canale francese Arte nel 2013, un DVD d’importazione giapponese e una pallida copia su YouTube che nel frattempo è stata rimossa. Boris Eustache ne ha bloccato i diritti per decenni, per ragioni che gli sono proprie; i fortunati spettatori che l’avevano visto formavano una cerchia che condivideva un magnifico segreto.

Grazie all’accordo tra Boris Eustache e Les Films du Losange (una delle case di produzione originali del film), l’opera di Eustache è stata restaurata in 4K, con l’aiuto dei direttori della fotografia che hanno partecipato alle riprese, come Jacques Besse o Caroline Champetier, in collaborazione con il laboratorio di restauro cinematografico L’Immagine ritrovata.

I protagonisti di La mamain et la putain
France – NB – 3h40 – sortie: 17 mai 1973 – reprise: mai 2022 – V. restaurée – Réalissateur-Scénariste: Jean Eustache – LEGENDE PHOTO: Jean-Pierre Léaud – Bernadette Lafont – Françoise Lebrun – AVEC: Bernadette Lafont: Marie – Jean-Pierre Léaud: Alexandre – Françoise Lebrun: Veronika –

Un film “mostruoso” per forma e contenuto

La maman et la putain è un film “mostruoso” e totalizzante già per la sua lunghezza – circa tre ore e quaranta di film – ma soprattutto per il suo contenuto: si configura infatti come un tuffo in un mondo in bianco e nero dove la parola è sovrana. A dominare questo mondo è Alexandre, un giovane dandy, senza lavoro né soldi, che vive con Marie che, letteralmente, lo mantiene. Alexandre cerca dapprima di riallacciare i rapporti con Gilberte, ex fidanzata che lo ha lasciato, ma lei lo respinge. Incontra poi Veronika, un’infermiera, che inizia a frequentare mentre sta ancora con Marie. Tutto la trama del film si giocherà tra questi tre individui, in un triangolo amoroso impossibile, un’equazione matematica irrisolvibile. Lontano dai personaggi di François Truffaut, Jean-Pierre Léaud interpreta qui un Alexandre cupo e compiaciuto, che declama i suoi monologhi come a teatro, davanti a un pubblico attento e affettuoso. A poco a poco, scorgiamo, dietro l’intrattenitore pubblico, un essere privo di empatia per gli altri, terribilmente egoista e codardo: ascolta solo se stesso, parlare senza rendersi conto del male che sta facendo a chi lo circonda. Il linguaggio è come una maschera per quest’uomo che ha difficoltà a fare delle scelte e che si sottrae ad ogni dovere, nascondendo le proprie emozioni.

Veronika (Françoise Lebrun, al suo debutto cinematografico) incarna il corpo femminile come dono, il sesso e l’amore. “Se incontro un ragazzo, vado con lui, non ho problemi, posso scopare con chiunque“, dice. Parla senza mezzi termini, dice le cose come stanno, affronta la vita pienamente, senza averne paura, a differenza di Alexandre. Marie (Bernadette Laffont) è invece la “vecchia padrona“. È, chiaramente, la madre del titolo, tutto ruota intorno a lei, tutto si svolge nella sua casa, nel suo letto. Permette ad Alexandre di andare e venire, controlla e manipola, mentre si illude dell’amore che lui potrebbe provare per lei.

Tra film e documentario

Se La maman et la putain è un film dalla portata epica, è anche perché sfuma i confini tra fiction e documentario. È un eufemismo dire che il regista ha basato il suo film sulla propria vita: innanzitutto, ha avuto una relazione con Françoise Lebrun, che lo ha lasciato prima delle riprese. Durante la loro relazione aveva frequentato altre donne, tra cui Marinka Matuszewski, un’infermiera che appare in una scena all’inizio del film quando Alexander la scambia per Veronika. Françoise Lebrun interpreta Veronika, ma nella vita reale è il personaggio di Gilberte che lascia Alexandre all’inizio del film (il regista fece ascoltare alla Lebrun registrazioni della voce di Marinka per trarne ispirazione).

Eustache aveva anche iniziato una frequentazione con Catherine Garnier, sua costumista e assistente: il film è stato girato proprio nel suo appartamento e il regista chiese a Laffont di utilizzarla come ispirazione per il suo ruolo. Dopo la proiezione del primo montaggio, Catherine Garnier si suicidò; un atto che prefigurava quello dello stesso regista, che si sparò al cuore nel novembre 1981. Questo complicato rapporto tra realtà e finzione mostra chiaramente l’approccio del regista, che archivia quanti più elementi possibili della sua vita privata e li inietta nella sua finzione.

La maman et la putain stato girato come un documentario: audio in presa diretta, nessuna rimaneggiamento in post-produzione. Si percepisce davvero la Parigi dell’epoca, con tutti i suoi rumori, che arrivano addirittura a coprire i dialoghi. Amante del cinema muto e dei fratelli Lumière, Eustache ha privilegiato un formato quadrato (1.33:1) e un bianco e nero ad alto contrasto. La Maman et la putain è anche un film totale, che gli conferisce uno status particolare nella storia del cinema. Eustache ha voluto metterci tutto se stesso, come se fosse il suo primo film: è un film che lascia un’impressione profonda nello spettatore, che ne esce con la strana sensazione di aver condiviso spezzoni di vita del regista.

Alexandre la mamain et la putain

La caduta di Alexandre

La Maman et la putain inizia quando il protagonista si alza dal letto e finisce con questo che si mette in ginocchio. Il film di Jean Eustache segue la traiettoria della caduta di Alexandre, di cui rimane un’ultima immagine significativa: il volto deformato da un sorriso fugace. Questa bocca piena di parole, che non finisce mai di riversale, fa un’ultima smorfia nervosa, come se subisse l’effetto negativo del suo stesso traboccare. Improvvisamente ammutolita, non riesce comunque a smettere di tacere e si apre di nuovo in questa smorfia per esprimere la sofferenza di un corpo smarrito, disturbato, stordito per essere caduto così in basso. Ciarlatano disinvolto, Alexandre credeva di avere il controllo di se stesso e alla fine si rivela un burattino. La sua facilità di parola, di cui era dotato grazie a un intellettualismo altezzoso unito a un dandismo ostinato, ha ingannato il suo stesso mondo: parlare è mentire. Davanti alla cinepresa impassibile di Eustache, la carne tradisce l’inganno del discorso, per passare l’ultima parola al corpo.

La maman et la putain è una meditazione dolorosa e malinconica sulla vita appesantita dal peso della morte, una vita che passiamo fingendo di vivere, fino a quando non siamo esausti e cadiamo. “Non ho una vocazione per la vita“, dice Alexandre verso la fine del film, con l’acuta consapevolezza di chi è stato umiliato dalla morte.

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RASSEGNA PANORAMICA
Voto di Agnese Albertini
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