L’isola di sua maestà è da sempre un’eterna contraddizione tra alto e basso, snob e aristocratico, cheap and chic: bevono tè e birra con la stessa disinvoltura e con la stessa naturalezza alcuni registi hanno realizzato delle pellicole in bilico tra i bassifondi popolati da un sottobosco urbano criminale e gli intrighi di palazzo, a base di gossip e segreti inconfessabili: una ricca tradizione di gangster movies “Made in Uk” che si arricchisce di nuovi tentativi come dimostra quello dell’americano Brian Helgeland (vincitore di un Oscar per la sceneggiatura non originale di LA Confidential) alle prese con una storia leggendaria, legata al mito dell’ascesa e caduta dei gemelli Ronnie e Reggie Kray nella Londra degli anni ’60: stiamo parlando di Legend, presentato in anteprima alla festa di Roma 2015, pellicola attraverso la quale Helgeland tenta di ricostruire le vicende criminali dei due gemelli che hanno dominato Londra negli anni ’60.
Reginald Kray- schivo, taciturno e diffidente- decide di trasformare la metropoli inglese nella risposta europea ad Atlantic City o a Las Vegas, impadronendosi del circuito del gioco d’azzardo e dei night club. Al suo fianco il gemello Ronald, affetto da schizofrenia paranoica, dipendente dai farmaci e con una movimentata vita sessuale che non tarderà- insieme alle loro famigerate ed efferate gesta- a farli balzare agli onori della cronaca nazionale. Il loro rapporto sarà messo a repentaglio dalla comparsa di una donna, la bella Frances, che vorrebbe per il “suo” Reggie una vita onesta e tranquilla, lontana dagli eccessi criminali, ma anche dalla presenza della mafia americana e dall’interesse ricevuto da parte dell’ispettore “Nipper” Read di Scotland Yard, pronto a tutto per incastrarli.
La pellicola è Tom Hardy. È lui, uno degli attori più promettenti sulla scena internazionale, il vero motore immobile di questo film dalle grandi ambizioni- raccontare una storia vera, ma con ampie libertà narrative fino a fornire una versione personale della “leggenda Kray”- che si perdono però nei 131 minuti che scorrono sullo schermo; il ritmo incessante, simile ad una marcia, necessiterebbe di qualche guizzo improvviso per ravvivare l’azione, altrimenti prevedibile e scontata, stratificata su un struttura già vista in altre, innumerevoli, pellicole incentrate sullo stesso argomento.
Hardy è il jolly, in grado di incarnare alla perfezione le anime di entrambi i gemelli, camaleontico e inafferrabile, lui sì imprevedibile: ma è impossibile basare un’intera storia sul carisma del suo protagonista, nonostante la presenza di magnifici comprimari come David Twelis, Christopher Eccleston e Chazz Palminteri; Legend, per 131 minuti, va alla ricerca del ritmo perduto, con il pregio di avere un’ottima regia e una sceneggiatura dalla forte ossatura in grado, comunque, di mettere in piedi uno spettacolare show in grado di divertire il pubblico e di riportarlo indietro fin nei favolosi sixties della swinging London.