Lost in Starlight: recensione del primo film d’animazione coreano di Netflix

Un’astronauta segnata dal lutto materno e un artista con un sogno infranto si ritrovano a orbitare l’uno nell’universo dell’altro, guidati dalla forza delle loro speranze e da un amore destinato a superare ogni distanza.

-

C’è chi trascorre una vita intera inseguendo l’amore, senza mai riuscire ad afferrarlo. E poi c’è chi, al contrario, non lo cerca, non lo pianifica, anzi lo evita, convinto che nulla e nessuno debba ostacolare un percorso già tracciato, magari quello professionale, fatto di ambizione, dedizione e sacrificio. Ma l’amore, si sa, non chiede permesso né accetta attese: irrompe all’improvviso, scombina ogni piano, abbatte le porte e pretende di essere ascoltato, vissuto fino in fondo. È proprio ciò che accade a Nan-young e Jay, i due giovani protagonisti di Lost in Starlight, il primo film d’animazione Made in Korea prodotto da Netflix, approdato sulla piattaforma lo scorso 30 maggio.

Nato dalla mente creativa di Han Ji-won e Kang Hyun-joo, e portato sullo schermo dalla regia dello stesso Han Ji-won insieme allo studio d’animazione Climax Studio, Lost in Starlight dà vita a un universo che fonde nostalgia e futurismo. In un perfetto equilibrio tra emozioni rétro e suggestive atmosfere cyberpunk, il film racconta una storia d’amore dal respiro universale, capace di parlare al cuore attraverso immagini potenti e una sensibilità fuori dal tempo.

- Pubblicità -
 
Lost in Starlight – In foto (da sinistra a destra) l’attrice Kim Tae-ri (Nan-young) e l’attore Hong Kyung (Jay) in Lost in Starlight Cr. Son Sung-jinNetflix © 2025.

Cosa racconta Lost in Starlight?

Nella Seul del 2050, una metropoli futuristica illuminata da luci al neon, proiezioni olografiche e con pianeti ormai a portata di mano, la giovane astrobotanica Nan-young (doppiata nella versione originale dalla celebre attrice Kim Tae-ri) lavora instancabilmente per realizzare il suo sogno: seguire le orme della madre e contribuire alla sopravvivenza del fiore Adonis amurensis sul suolo marziano, partecipando al quarto Mars Expedition Project. Ma quando fallisce l’ultimo test di selezione, è costretta a confrontarsi con una vita in sospeso, fatta di vecchi oggetti e ricordi mai sopiti, legati alla scomparsa della madre, una delle astronaute più celebri, venuta a mancare in una tragica missione proprio su Marte.

È proprio uno di quegli oggetti vintage a provocare l’incontro con Jay (doppiato da Hong Kyung nella versione originale e da Justin H. Min in quella inglese), un musicista disilluso che cerca di sopravvivere lavorando in un negozio di apparecchiature audio d’epoca. Quello che nasce come un semplice tentativo di riparare il giradischi di Nan-young si trasforma presto in un legame profondo, capace di rimettere in discussione le certezze di entrambi. Quando Nan-young viene finalmente selezionata per la spedizione su Marte, i due si trovano a fronteggiare una sfida enorme: non solo la distanza fisica di milioni di chilometri, ma anche quella emotiva tra due anime che cercano di restare vicine, nonostante tutto.

Lost in Starlight - Per gentile concessione di Netflix.
Lost in Starlight – Per gentile concessione di Netflix.

L’incontro tra l’animazione giapponese e la sensibilità romantica sudcoreana

È interessante notare come, dopo anni in cui Netflix ha cavalcato l’onda della tanto amata quanto imprevedibile Korean Wave, contribuendo in modo decisivo a portare la serialità e il cinema sudcoreani al centro dell’attenzione globale, la piattaforma abbia ora deciso di esplorare un territorio ancora poco battuto: quello dell’animazione coreana. Lost in Starlight rappresenta una svolta significativa in questa direzione.

Pur strizzando l’occhio allo stile poetico e sognante del maestro Hayao Miyazaki – con i suoi paesaggi eterei, le atmosfere sospese e un’animazione che sembra danzare più che muoversi – il film di Han Ji-won e Kang Hyun-joo costruisce un universo narrativo che, pur evocando influenze giapponesi, riesce a rimanere profondamente radicato nella sensibilità coreana. Il risultato è una rom-com fantascientifica che, se da un lato appare visivamente lontana dagli standard dell’animazione sudcoreana, dall’altro ritrova nella struttura narrativa e nei suoi personaggi tutti gli elementi tipici del K-drama: il melodramma romantico, la catarsi emotiva, e quei cliché sentimentali che, più che essere un limite, sono diventati cifra stilistica riconoscibile e motivo di affezione per il pubblico.

Lost in Starlight - Per gentile concessione di Netflix.
Lost in Starlight – Per gentile concessione di Netflix.

Tra le stelle e il cuore: un viaggio nell’intimità umana

Con Lost in Starlight, Netflix compie una scelta significativa: per il suo primo film d’animazione sudcoreano non punta a un pubblico infantile o adolescenziale, ma decide di rivolgersi direttamente agli adulti. Infatti, la storia, in bilico tra amore e spazio, ricorda da vicino altri titoli coreani approdati sulla piattaforma, come il film Wonderland o la serie Le stelle parlano di noi, nei quali l’elemento sci-fi è spesso pretesto per raccontare l’intimità umana. Anche qui, infatti, l’ambientazione stellare non è che una semplice cornice: il cuore del film è una relazione adulta, fatta di desideri, compromessi, silenzi e fragilità. Jay e Nan-young sono due personaggi tanto realistici quanto imperfetti, segnati da dolori personali e da una costante ricerca di appartenenza. Non sono eroi né archetipi, ma esseri umani che barcollano nell’immensità dell’universo, animati dalla speranza di trovare pace, amore e una seconda occasione.

Dunque, l’immaginario futuristico e cibernetico non prende mai il sopravvento sulla dimensione emotiva del racconto, che resta saldamente ancorata alla realtà dell’esperienza umana. Lost in Starlight non è, infatti, un film sulla fantascienza, né sui viaggi interstellari e gli alieni, ma è un film sul bisogno primario di connessione: due persone, in mezzo all’universo, perse e sole, che trovano nell’amore la forza che gli occorre per restare presenti a sé stesse e all’altro. “Ricorda, Jay. – ripete più volte Nan-young –Lassù nello spazio, c’è una persona che oggi e sempre farà il tifo per te.” E come Jay, anche noi sentiamo il bisogno di sentire queste parole. Di sapere che siamo amati per come siamo, con i nostri limiti e difetti. Di sapere che, comunque vada, qualcuno continuerà a sostenerci, a crederci, e a restare accanto a noi, anche se lontano, anche se irraggiungibile.

Ma la ricchezza di Lost in Starlight non si esaurisce nel racconto di un amore adulto. Accanto alla storia centrale, infatti, emergono con delicatezza e sensibilità altri temi profondamente maturi, affrontati senza retorica e con una scrittura visiva che privilegia i sottintesi e i silenzi alle dichiarazioni esplicite. L’elaborazione del lutto, ad esempio, attraversa silenziosamente le traiettorie dei protagonisti: non solo la perdita di una madre, di una moglie e di una compagna, ma anche la più ampia assenza di un riferimento affettivo stabile, di un legame che resista al tempo e alle trasformazioni.

Lost in Starlight - Per gentile concessione di Netflix.
Lost in Starlight – Per gentile concessione di Netflix.

Una particolare attenzione è rivolta anche alla rappresentazione femminile, costruita in modo velato ma potente. La madre scomparsa e Nan-young, seppur appartenenti a due generazioni diverse, sembrano condividere un’identità femminile complessa e sfaccettata. Entrambe si sottraggono agli stereotipi del ruolo materno o dell’interesse amoroso passivo: sono donne autonome, tenaci, capaci di desiderare e di lottare per sé stesse, portatrici di una soggettività piena, complessa, non sempre accomodante, ma profondamente umana. Donne che sanno scegliere sé stesse, anche prima della famiglia, accettando il dolore profondo e il senso di colpa che una simile scelta può comportare.

Infine, a fare da eco al tema della perdita, si inseriscono con grazia e discrezione anche quelli della malattia e della vecchiaia: la sofferenza fisica e la fragilità degli affetti diventano parte integrante del mondo diegetico attraverso la figura silenziosa e solitaria del padre di Nan-young. È lui a incarnare il volto più intimo e struggente dell’attesa: un uomo che continua a sperare, con ostinazione quasi infantile, nel ritorno della moglie perduta. Un gesto semplice il suo in cui si condensa uno dei concetti più dolorosi e profondi del film: l’attesa come forma di fedeltà, come esercizio di memoria e come atto di resistenza emotiva.

Lost in Starlight - Per gentile concessione di Netflix.
Lost in Starlight – Per gentile concessione di Netflix.

Un film su quell’orbita invisibile che ciascuno di noi traccia

Han Ji-won e Kang Hyun-joo, con il supporto di Netflix, danno vita a un’opera profonda e sincera, che si avvicina più al dramma esistenziale che alla pura animazione fantascientifica. Lost in Starlight è una riflessione intima e malinconica su cosa significhi restare fedeli a un amore, a un’assenza, o semplicemente a un’immagine di sé. Il film conquista non solo per la potenza emotiva del racconto, ma anche per uno stile visivo incisivo e suggestivo, e per un cast di doppiatori, anche nella versione italiana, capace di restituire con delicatezza tutte le sfumature interiori dei personaggi.

Lost in Starlight è, in definitiva, un’opera sospesa e luminosa, che racconta con grazia quell’orbita invisibile che ciascuno di noi traccia intorno a ciò che ha perduto, e che continua, ostinatamente, ad attendere, fino a quando, con un po’ di fortuna e la mano del destino, riesce finalmente a conquistare.

Lost in Starlight
3.5

Sommario

Lost in Starlight è, in definitiva, un’opera sospesa e luminosa, che racconta con grazia quell’orbita invisibile che ciascuno di noi traccia intorno a ciò che ha perduto.

Annarita Farias
Annarita Farias
Nata nel 1996, laureata in Lingue, Culture e Letterature Moderne Europee presso l'Università Federico II di Napoli e attualmente laureanda in Cinema, Televisione e Produzione Multimediale all'Università di Roma Tre, dove approfondisce la settima arte per scrivere di critica cinematografica con maggiore consapevolezza e passione. Iscritta all’Ordine dei Giornalisti della Campania come giornalista pubblicista dal 2022, ha collaborato per due anni con la testata online Ambasciator.it e attualmente scrive di cinema per Cinefilos.it e Scuola Consulting.

ALTRE STORIE