Luigi Proietti detto Gigi, recensione del documentario di Edoardo Leo

LUIGI PROIETTI DETTO GIGI è il documentario evento di EDOARDO LEO, prodotto da Italian International Film e Alea Film con Rai Cinema in associazione con Politeama e in collaborazione con Lexus, distribuito al cinema da Nexo Digital dal 3 al 9 marzo.

Luigi Proietti detto Gigi

Edoardo Leo firma il primo documentario ufficiale sulla vita di Gigi Proietti, dal titolo Luigi Proietti detto Gigi. L’attore aveva iniziato nel 2017 a seguirlo e dare forma all’idea del progetto di fare un film su di lui, che alla proposta rispose con una certa incredulità. Ed è un aspetto quasi assurdo da immaginare.

 

Già, perché nei racconti della sorella Anna Maria, intervistata da Leo insieme alle figlie Carlotta e Susanna, emergono tanti aneddoti e un profilo dell’artista non così scontato, come tra l’altro accade spesso per personaggi di questo calibro. Per sua stessa ammissione, infatti, non si sentiva un divo e se divideva il palco con qualcuno gli lasciava spazio, sempre.

Un viaggio per capire il suo segreto, questo l’intento dell’attore e regista, che aveva iniziato il suo percorso dietro la macchina da presa già nel 2008 con Ne parliamo a cena e successivamente, nel 2010, con Diciotto anni dopo si era aggiudicato una nomination ai David di Donatello e una ai Nastri d’argento.

La sua crescita professionale aveva dunque incrociato quella di Proietti ai tempi de L’avvocato Porta, nel ’97, per poi portarlo ad essere diretto proprio da lui nel 2001 in occasione della trasposizione teatrale dell’opera di Ettore Scola Dramma della gelosia. All’epoca Edoardo Leo aveva ventinove anni.

Quello che lo ha condotto fino a decidere di sviluppare un lungometraggio raccogliendo testimonianze e filmati di repertorio, è fondamentalmente il desiderio di ricerca e scavo nel mistero di un uomo dello spettacolo che, oltre ad una tecnica e un talento formidabili, possedeva quel qualcosa in più: la capacità di portare in scena pezzi passati alla storia per quanto hanno fatto scomporre dalle risate grandi e piccini, e opere che la storia l’avevano già fatta. Il tutto con un livello performativo pazzesco.

E a dire il vero, a conti fatti, Luigi Proietti detto Gigi, è un documentario ammirato e innamorato, che fa sospirare e di nuovo, ancora, piegare a metà dal ridere, come dice lo stesso regista che accompagna e guida le immagini facendo da voce narrante: nonostante certe barzellette le abbiamo ascoltate centinaia di volte, continuano a farci divertire a crepapelle, perché a farlo è lui e come le racconta.

Così viene passata in rassegna la vita artistica di Proietti, a partire da quello che fu A me gli occhi please nel 1976, di come quel one man show lo fa schizzare nelle vette dei mattatori del teatro d’intrattenimento, anche e soprattutto perché per due ore e mezza regge la scena da solo, gettando le basi per sketch che diventeranno iconici, e che riprodurrà più volte durante la sua carriera. Quello spettacolo suggellerà l’amore eterno che la capitale gli riserverà per tutta la vita, che è lo stesso che ha mosso il regista nella sua indagine piena d’affetto e che guizza da ogni parte del montaggio.

Luigi Proietti detto Gigi racconta un maestro agli occhi dell’allievo

Con la morte di Proietti, Edoardo Leo decide di fermare le riprese, e inizia a domandarsi se sia il caso o meno di continuare il progetto, ma è la stessa famiglia dell’attore romano ad incoraggiarlo, e così prosegue.

Forse proprio perché nessuno si sarebbe aspettato di doverlo salutare così all’improvviso, o perché certi personaggi danno davvero la percezione di essere immortali, Luigi Proietti detto Gigi acquisisce una dolcezza potente e delicata, che svela il sentimento che legava sinceramente Leo al suo maestro, termine che peraltro non gli è mai andato veramente a genio.

Non è mai facile tratteggiare fino in fondo i contorni di personalità che talvolta sembrano inafferrabili, se non inarrivabili. E probabilmente l’interrogativo iniziale del regista non giunge ad essere risolto. Ma forse non era davvero quello il suo scopo, quanto la costruzione di un racconto che potesse gettare luce su altri lati di un artista come Gigi Proietti, o semplicemente la contemplazione della bellezza del genio quando si combina al comico e riesce a catturare irrimediabilmente chiunque lo ascolti.

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RASSEGNA PANORAMICA
Samanta De Santis
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luigi-proietti-detto-gigiNon è mai facile tratteggiare fino in fondo i contorni di personalità che talvolta sembrano inafferrabili, se non inarrivabili. E probabilmente l’interrogativo iniziale del regista non giunge ad essere risolto. Ma forse non era davvero quello il suo scopo, quanto la costruzione di un racconto che potesse gettare luce su altri lati di un artista come Gigi Proietti, o semplicemente la contemplazione della bellezza del genio quando si combina al comico e riesce a catturare irrimediabilmente chiunque lo ascolti.