Mundo Invisivel: recensione del film di cortometraggi

Mundo Invisivel

Mundo Invisivel è un film collettivo che raggruppa importanti registi mondiali mettendoli alla prova del racconto di quella parte di mondo che spesso non si vede con un tocco artistico: il submondo del centro di una grande città, un gatto nero nel cimitero, indios nel giardino della città, la tecnologia ed il ritmo incessante della metropoli, l’arte dell’attore, la spiritualità della favela, un cameriere di un albergo di lusso, un elogio alla pazzia tra la vita e la morte, un tributo al pubblico del cinema, le sfide della visione residuale, un genocidio nascosto.

 

Si tratta di cortometraggi la cui durata varia dai 3 ai 15 minuti, e per realizzare i quali sono stati chiamati nomi importanti come Wenders, Egoyan, De Oliveira e il compianto Theo Anghelopolous.

I cortometraggio sono tutti ambientati in Brasile, nella città di San Paolo in particolare, ad eccezione del corto di Atom Egoyan, che però  torna in Brasile dopo aver raccontato dell’invisibilità del genocidio armeno, con un artificio del racconto.

L’idea di questo film collettivo è venuta a Leon Cakoff, siriano naturalizzato brasiliano, critico cinematografico, che ha iniziato a ragionare sul concetto di invisibilità, sia come malattia, ossia della impossibilità del vedere, sia come posizione sociale, del non essere visto.

Da qui, quindi lo sguardo dei registi si è posato anche in maniera ironica sulle difficoltà di interazione del mondo moderno: De Oliveira ad esempio, ironizza sul caos tecnologico delle metropoli, raccontando la storia di due amici che escono insieme, ma che, per parlarsi, sono costretti a telefonare l’uno all’altro per superare il caos cittadino. O invece come Wenders, che focalizza l’invisibilità sul non vedere, portando il suo sguardo sul lavoro di alcuni medici che ridanno la vista ai bambini nati con delle problematiche alla vista.

Mundo Invisivel allo stesso tempo vero e poetico, che interpreta la posizione dell’uomo nel mondo spesso caotico e distratto.

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