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Il travolgente successo della sua opera prima, con tanto di Oscar alla sceneggiatura originale, ha proiettato Jordan Peele nel cono di interesse dei cinefili e di coloro che hanno apprezzato Scappa – Get Out, ma anche di quelli che, scettici, lo stanno aspettando “al varco”. Con Noi, in sala dal 4 aprile, il regista, sceneggiatore e produttore si mette di nuovo alla prova, allargando i suoi orizzonti e quelli della sua storia, uscendo dai confini che aveva dimostrato di padroneggiare e allungando il getto della sua ambizione.

 

Noi racconta la storia di una giovane donna, Adelaide, che, tornata nella casa delle vacanze della sua infanzia, con il marito e i suoi due bambini, si trova a fronteggiare una circostanza spaventosa: delle persone li prendono in ostaggio e li minacciano, persone che sono le loro copie, un po’ più rozze, feroci e selvagge, ma esattamente come loro… come noi.

Non si può dire altro del film di Peele senza rovinare la trama allo spettatore che va al cinema per farsi sorprendere e spaventare, e in verità il regista riesce benissimo a fare entrambe le cose. La sua storia sorprende per i colpi di scena e per le trovate tecniche di regia, che mantengono sempre altissima l’attenzione, e spaventa, in alcuni momenti più che in altri, proprio per la capacità di giocare con gli spazi, le ombre e il linguaggio di genere, tenendo la tensione del racconto tesa fino alla rivelazione finale.

Perché il finale di Noi è tutto da scoprire, o forse lo si intuisce già nei primi 15 minuti, ma non è comunque un’intuizione esaustiva di fronte alla conferma e allo svelamento conclusivo. Il nervo scoperto su cui agisce Peele è una ferita che gli Stati Uniti vedono sanguinare ogni giorno con maggiore forza, una paura che si trasforma sempre di più in violenza senza deterrente, senza punizione.

Alla luce di Scappa – Get Out, dunque, viene naturale aspettarsi da Jordan Peele non solo un thriller/horror, ma anche una riflessione sulla società contemporanea, dopotutto nella storia del cinema, dagli esordi fino a oggi, questo genere è sempre stato un linguaggio sfruttato per fare satira, critica sociale e politica, per dare una lettura della contemporaneità.

E con Noi, Jordan Peele fotografa la sua società, con una metafora cannibale che nasce dagli anni ’80 e si snoda fino a oggi, a domani, in un finale spiazzante e spaventoso, forse non pienamente esaustivo per quanto riguarda le pieghe del racconto e le giustificazioni narrative, ma di grande efficacia da un punto di vista allegorico ed emotivo. A questo punto lo spettatore, accettato il patto di credibilità con il regista, può solo prendere atto di ciò che sta accadendo.

Noi è meno preciso di Scappa – Get Out, meno coeso e solido nella trama, ma ha un respiro più ampio, un’ambizione più vasta, una portata più importante. Peele ci dice dall’inizio (dal titolo) chi è “il cattivo” di questa storia, peccato che “questa storia” non finisca con i titoli di coda, ma continui fuori dalla sala, nel mondo. Noi siamo noi, e facciamo davvero tanta paura.

Noi, guarda il trailer

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Chiara Guida
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Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
noiNoi è meno preciso di Scappa – Get Out, meno coeso nel racconto e sicuramente meno solido nella trama, ma ha un respiro più ampio, un’ambizione più vasta, una portata più importante.