Non me lo dire: recensione del film con Alyn Prandi

Non me lo dire

Si sa, oggi le commedie made in Italy tendono a fossilizzarsi su battute spicciole, rivolgendosi ad un pubblico senza troppe pretese che, anzi, si riconosce e si sente quasi tranquillizzato davanti a quest’umorismo di stampo “casereccio”. Non stupisce dunque che anche l’ultimo prodotto del settore, nelle sale venerdì, s’inserisca nel sopracitato filone: Non me lo dire.

 

Mia Benedetta, il film

Diretto da Vito Cea, Non me lo dire racconta una storia semplice: Lello (Uccio de Santis), popolare comico pugliese, viene lasciato da un giorno all’altro dalla moglie Silvia (Mia Benedetta), reo di averla trascurata per il lavoro. Disperato, Lello abbandona la sua compagnia teatrale e si rivolge ad uno psicanalista. Questo gli consiglia di intraprendere un lungo viaggio per la Puglia alla ricerca dei suoi fans, di cui l’attore conserva svariate lettere. Dopo alcuni incontri finiti male, conoscerà la sensuale e disinibita Rossella (una Alyn Prandi sempre sopra le righe), che tenterà di conquistare il proprio idolo.

Nel ruolo del fonico sordo soprannominato “Volume” c’è Nando Paone, caratterista napoletano amato da Salemme e di recente visto in Benvenuti al Nord, che  insieme a “Salvavita” (Umberto Sardella) accompagna Lello nella sua avventura. Gli attori, che – fatte le dovute eccezioni – non sarebbero di per sé malaccio, sono penalizzati da un copione in fondo banale, prevedibile, in cui il luogo comune è di casa. Vedi, tra le altre, la scena in cui due cabarettisti della compagnia ci provano a turno con la bellona un po’ passatella del gruppo (Antonella Genga), proponendo “due spaghetti saltati” nelle proprie case: invito al quale la bionda riccioluta risponde con un “Sì, saltati nel senso che prima butti la pasta, e poi mi salti addosso”. Mah. Certo, qualche gag azzeccata si trova quà e là – irresistibile la sequenza in cui Lello si reca da un’ammiratrice bambina e, dietro la porta di casa, fa parlare un peluche di coniglietto di fronte al padre attonito. E una risata ci scappa nel vedere Volume e Salvavita alle prese con i pantaloni troppo corti del primo durante un banchetto nuziale, colti in una posizione fraintendibile da una signora benpensante che, passando, esclama inorridita “Che schifo!”.

Detto ciò, il risultato di Non me lo dire prodotta dalla IDEA (società fondata nel 2005 dallo stesso protagonista) è una commediola di fatto priva di sostanza. Spassosa certo, decisamente spensierata, quasi ingenua nel messaggio proposto (gli affetti sono più importanti della carriera). Sorprende però che abbia ricevuto i finanziamenti dal Ministero per i Beni Culturali – soprattutto quando lo stesso trattamento non è stato riservato a pellicole meritevoli e di recente uscita come Sulla strada di casa, opera prima di Emiliano Corapi. Ma rincuoriamoci: scorrendo l’indice sull’elenco dei film in programmazione nelle sale italiane, ci si rende conto che, in effetti, c’è di (molto) peggio.

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Ilaria Tabet
Laureata alla specialistica Dams di RomaTre in "Studi storici, critici e teorici sul cinema e gli audiovisivi", ho frequentato il Master di giornalismo della Fondazione Internazionale Lelio Basso. Successivamente, ho svolto uno stage presso la redazione del quotidiano "Il Riformista" (con il quale collaboro saltuariamente), nel settore cultura e spettacolo. Scrivere è la mia passione, oltre al cinema, mi interesso soprattutto di letteratura, teatro e musica, di cui scrivo anche attraverso il mio blog:  www.proveculturali.wordpress.com. Alcuni dei miei film preferiti: "Hollywood party", "Schindler's list", "Non ci resta che piangere", "Il Postino", "Cyrano de Bergerac", "Amadeus"...ma l'elenco potrebbe andare avanti ancora per molto!