Scelto come apertura della sezione Orizzonti della ottantunesima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia, Nonostante vede il ritorno alla regia di Valerio Mastandrea, che ancora una volta torna a elaborare il concetto di morte, il suo valore e la sua percezione, come aveva già fatto, con diversi approcci e da diversi punti di vista, nelle sue regie precedenti. Dall’uomo in attesa di morire (Trevirgolaottantasette), alla moglie vedova che elabora il lutto per la perdita del marito (Ride), ora Mastandrea si rifugia in un’idea originale e inaspettatamente fantastica.
Nonostante, la trama
Siamo cortile di un ospedale, si sta svolgendo un rito funebre, una bara deposta in un carro, i familiari stretti tra loro. Assistono alla scena i personaggi di Mastandrea stesso, Lino Musella e Laura Morante (nessuno di loro è identificato con un nome proprio). Poi il protagonista (Mastandrea) si avvia verso la sua camera d’ospedale e subito il realismo tranquillo del film assume sfumature surreali prima di rivelare la sua natura squisitamente fantastica. I protagonisti del film sono in un limbo, bloccati in ospedale, mentre i loro corpi sono costretti in stato comatoso, a letto. Cosa succede all’anima mentre si aspetta di vivere o morire? Cosa si pensa? Cosa si vive nell’attesa che destino, medicina o chi per loro decida della nostra sorte su questa Terra?
Una premessa tanto stuzzicante si schianta subito contro la necessità di Valerio Mastandrea e di Enrico Audenino (che ha lavorato con lui già in Ride) di approcciarsi a Nonostante con un linguaggio classico, senza lasciarsi andare a strappi alle regole, mantenendo un tono costantemente prevedibile e scolastico, proponendo una metafora di grana grossa fin troppo leggibile e immediata. L’introduzione di un personaggio femminile che altera gli equilibri del protagonista sembra addirittura pretestuoso perché non apporta alla riflessione del regista un vero contributo, ma appare come un passaggio obbligato che serve a mandare avanti la storia. Così come la presenza del misterioso personaggio che, in un modo non meglio specificato, riesce a percepire le presenza di queste anime nel limbo, a parlare con loro, diventandone poi il tramite, senza una vera e propria motivazione specifica.
Un mondo interiore che fatica a tramutarsi in film
Nonostante si prende molto sul serio, rivelando invece la sua natura più pura e vincente nei pochi momenti che lasciano spazio alla goliardia e al sorriso, squarci di ilarità grottesca che si sposano alla perfezione con il Mastandrea attore ma che il Mastandrea regista non sembra ancora in grado di approfondire e sfruttare al meglio. L’impressione è che pur avendo un punto di vista interessante e profondo, con un gusto per l’immagine preciso e visibile, anche se non ancora identificativo, il regista e attore non sia ancora capace di metterlo in scena in maniera convincente.