Se siete approdati a questa recensione ci sono estese probabilità che abbiate già visto il film Nyad – Oltre l’oceano. Se non lo avete ancora fatto e se, per un caso ancor più fortuito, non conoscete la vicenda della nuotatrice Diane Nyad, vi suggeriamo di resistere alla tentazione di passare da Wikipedia e guardare il film per intero perché questa storia vera, profondamente umana vi terrà col fiato sospeso ad ogni singolo frame, più di un thriller. A metà del film, tuttavia, per quanto la suspence rimanga a livelli altissimi, non vi importerà più di sapere come termina la straordinaria impresa che qui si racconta: che si vinca o si perda, alla fine, l’aver provato con assoluta determinazione a raggiungere il proprio obiettivo è il messaggio che ogni spettatore potrà portare con sé oltre i titoli di coda.
Dai registi premio Oscar per Free Solo
Nyad – Oltre l’oceano è un progetto Netflix diretto nel 2023 da Jimmy Chin ed Elizabeth Chai Vasarhelyi, coppia nella vita e nella professione, vincitrice del premio Oscar nel 2019 per il documentario Free Solo. E se del documentario ritroviamo il rigore stilistico con cui vengono raccontati gli aspetti pratici del sogno che spinge Nyad a tentare a nuoto la traversata tra Cuba e la Florida, il loro esordio può dirsi pienamente riuscito anche dal punto di vista narrativo. L’equilibrio tra le due dimensioni crea un ampio movimento che sospinge il film come le bracciate della nuotatrice nel pericoloso oceano che ha scelto di sfidare. Non solo sentimenti: dietro un’impresa del genere c’è un apparato tecnico studiato fin nei minimi dettagli e le scelte di regia lo mettono in luce con grande attenzione, perché questo è quanto era dovuto alla trasposizione cinematografica dell’autobiografia della stessa Nyad, Find a Way.
La nuotatrice è interpretata da una gloriosa Annette Bening, mai così intensa, che ha dichiarato di essersi allenata per un anno intero prima di iniziare le riprese e di aver accettato con entusiasmo senza realizzare che avrebbe dovuto nuotare per la maggior parte del tempo. Lo schermo è tutto per lei e non solo perché è la protagonista; al suo fianco Jodie Foster le lascia il campo per interpretare alla perfezione il ruolo di comprimario: è infatti suo il volto dell’amica Bonnie Stoll, allenatrice e motivatrice di Nyad sia fuori che dentro l’acqua.
La solidarietà che lega le due donne è solo uno dei tanti livelli di lettura del film, di sicuro non il meno importante. Per i rispettivi ruoli entrambe le attrici stanno facendo incetta di premi della critica al femminile, dall’Alliance of Women Film Journalists agli Women Film Critics Circle Awards, e sono state candidate alle edizioni 2024 dei Golden Globe e degli Oscar. Annette Bening è ormai alla quinta candidatura per l’ambita statuetta, Jodie Foster è stata premiata per ben due volte dall’Academy per le interpretazioni come attrice protagonista in Sotto accusa e Il silenzio degli innocenti.
Una storia di coraggio e determinazione che ha per obiettivo tornare a sentirsi vivi
Diane Nyad, nuotatrice di professione aveva tentato una prima volta l’impresa nel 1978, all’età di ventotto anni, dopo una carriera da record e con il sostegno di generosi sponsor, i cui mezzi, tuttavia, niente avevano potuto contro la furia delle onde avverse. Una sconfitta che a trent’anni di distanza brucia ancora e così Nyad, a cui la Bening presta un corpo atletico e ben allenato, decide di riprovarci. Una decisione che appare fin da subito una follia. Con gli anni andiamo avanti verso il degrado fisico, così è la vita di tutti: il corpo si indebolisce, dice il mondo, ma la mente, intende dimostrare la nuotatrice, può fortificarsi e a sessant’anni urlare ai muscoli: “Seguitemi!” con una grinta che i vent’anni non conoscono, per ricordarci cosa significa essere vivi e ancora padroni del proprio destino.
Nyad – Oltre l’oceano, che nella pronuncia inglese si sovrappone alla parola di origine greca naiade, ovvero ‘ninfa delle acque’, arriva a raccogliere attorno a sé un gruppo eterogeneo di persone che iniziano col supportarla per poi scoprire, con il progressivo farsi dell’impresa, che l’entusiasmo della nuotatrice ha fornito una ragion d’essere alle loro stesse vite e che, tentativo dopo tentativo, quell’avventura è diventata anche la propria: Key West, come Itaca, è una meta a cui nessuno è più disposto a rinunciare.
Nyad – oltre l’oceano, oltre gli abusi, oltre la depressione
Il film propone varie angolazioni tematiche intersecate con grande padronanza dalla sceneggiatura di Julia Cox: la passione e la determinazione di un’atleta che a sessant’anni suonati non teme di affrontare oltre centosettanta chilometri di oceano, le profondità che l’amicizia al femminile riesce a sondare talvolta più dell’amore, ma anche il difficile tema degli abusi sessuali negli ambienti sportivi giovanili da parte degli allenatori e la depressione, il vuoto della vecchiaia che incombe, il bisogno di riscoprirsi esseri progettuali, di lanciare una fune che traini avanti un’esistenza sbiadita verso terreni inesplorati dove “tutta la ragione che usiamo nella vita non conta più, è uno stato onirico” per sentire che se qualcuno può attraversarli quel qualcuno siamo proprio noi.
Il film è stato girato in Repubblica Domenicana all’interno di una gigantesca piscina a sfioro sull’oceano e gli effetti speciali riproducono in maniera cocente le allucinazioni di una lunga permanenza in acqua, amplificando la percezione della determinazione dell’atleta ma soprattutto della donna, che affrontando le onde sta attraversando anche i propri fantasmi.
“Ognuno di noi dovrebbe avere un complesso di superiorità. Ognuno di noi dovrebbe sentirsi il protagonista della propria vita” dichiara Nyad a Bonnie, perché provare e riprovare ancora, in fondo, non è forse il segreto del nostro essere al mondo? Ricordate solo questo: “Uno: non bisogna arrendersi mai; due: non si è mai troppo vecchi per inseguire i propri sogni; tre: ci vuole un team”.