Per Amor Vostro: recensione del film con Valeria Golino

Per Amor Vostro

Sicuramente non saremo i soli a cui sarà venuto in mente Pino Daniele, e a quando cantava Anna verrà e sarà un giorno pieno di sole, e allora sì ti cercherei forse per sognare ancora, sì, ancora. Sarà una canzone tornata alla mente a molti, non solo perché Per Amor Vostro è profondamente legato a Napoli e alla napoletaneità, ma soprattutto perché la protagonista Anna è un’anima in pena, sofferente, in cerca del suo personale riscatto. Nei confronti di un passato affatto giusto, di un presente libero solo a metà, fra un lavoro conquistato con i denti e un marito orco e delinquente. Si sa, le grandi conquiste della vita richiedono coraggio, cieca spavalderia, ma è più difficile quando si rischia di prendere botte pesanti come macigni, se non di essere uccisi, quando in gioco ci sono le vite di tre figli adolescenti e la loro stabilità.

 

Anna però non demorde, come non ha mai fatto e mai farà, anzi la sua determinazione è simbolo di una città intera che resiste nonostante tutto. Nonostante la camorra, il marcio che serpeggia fra le sue strade lastricate di sudore e sangue, i sacrifici enormi pe campà e tirà annanz. Un luogo immortale fatto di contrasti, di luoghi sotterranei e oscuri come le catacombe, i cimiteri, opposti all’estrema vitalità della superficie, fatta di mare, sole, cielo e passione. Un mondo in bianco e nero in costante lotta con il colore, immaginato da Giuseppe M. Gaudino in maniera dinamica, onirica, sanguigna, con sfumature nostalgiche prese a piene mani dal neorealismo italiano e la nouvelle vague francese. Contaminazioni che generano immagini straordinarie, pregne di emozione in ogni fotogramma, anche se non tutto è oro colato.

Per Amor Vostro

La sensazione è che il regista e scenografo partenopeo, al suo secondo lungometraggio dopo Giro di Lune tra Terra e Mare del 1997, volendo creare un lavoro incredibilmente somigliante all’animo estroverso della sua terra e della sua gente, abbia strafatto. I momenti onirici appaiono infatti troppo marcati, così come gli sbalzi da un mood all’altro, per terminare in un finale smaccatamente pomposo. Troppi elementi di disturbo, troppe spiegazioni di una storia che ormai lo spettatore ha messo insieme nel corso dell’intera durata. Bisogna però sottolineare come, alla fin della fiera, l’obiettivo prefisso dal soggetto venga ampiamente raggiunto; non solo si riconsegna ad Anna la sua corretta dimensione, si racconta come tante, tantissime cose in quel di Napoli siano ancora ferme e cristallizzate a decenni fa.

Dalle attività criminali alla semplicità delle persone, dalle tradizioni alle credenze popolari, senza un qualsivoglia retrogusto critico. Si prende semplicemente atto della realtà, bella o brutta che sia, lodandone i suoi tratti distintivi e caratteristici. Veicolo del messaggio il volto segnato di Valeria Golino, i suoi capelli crespi, la sua voce affannata, che probabilmente porta a casa il miglior lavoro della sua carriera sino ad ora, oscurando i compagni di viaggio Massimiliano Gallo e Adriano Giannini. Una donna come tante che si eleva a Madonna, a portatrice della croce e dei peccati del mondo, mediatrice insieme al figlio Gesù della resurrezione dagli inferi.

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