Pleasure: la recensione del film di Ninja Thyberg

Disponibile su Mubi dal 17 giugno, Pleasure è il film d'esordio della regista Ninja Thyberg, interpretato da Sofia Kappel e incentrato sull'industria del cinema porno.

Pleasure recensione

Nel 2013 la regista svedese Ninja Thyberg realizza un cortometraggio dal titolo Pleasure, nel quale si occupa di descrivere sommariamente le dinamiche di un set porno e i rapporti che si instaurano tra gli attori coinvolti. A distanza di anni, la regista avverte però quel suo lavoro come non sufficientemente sincero sull’argomento e decide di condurre una nuova ricerca a riguardo che la porterà a girare, nel 2018, il suo primo lungometraggio, anch’esso con il titolo Pleasure. Il film, presentato al Sundance Film Festival, trova però distribuzione solo ora, senza che ciò gli abbia fatto generare mancanze in quanto ad attualità e valore sociale.

 

Per percorrere questo viaggio la regista dà vita a Bella (Sonia Kappel), un’attraente ragazza di diciannove anni, bionda con brillanti occhi azzurri. Bella, come normale a quell’età, ha sogni e aspirazioni. Questi, tuttavia, differiscono non poco da quelli che si è soliti sentire espressi. Lei desidera infatti diventare la prossima superstar del porno. Per riuscirci vola dalla Svezia a Los Angeles, dove la sua sfrenata ambizione la porterà a confrontarsi con ambienti sempre più pericolosi, trovandosi ben presto costretta a conciliare i suoi sogni di affermazione con la realtà e a scontrarsi con il lato più oscuro dell’industria.

Nessuno mi può giudicare

Maltrattata e malvista, l’industria del cinema porno è una delle realtà economiche più solide e redditizie che ci siano. Un ambiente su cui circolano sottovoce tante verità quante menzogne e proprio per questo suo essere troppo spesso un tabù la comprensione delle sue dinamiche interne risulta spesso sfuggente. La regista si lancia dunque giù per la tana del coniglio, desiderosa di entrare in contatto con quel sottobosco e portarne alla luce quanti più aspetti possibile, dai giochi sessuali a quelli di potere, possibilmente con uno sguardo inedito. Un obiettivo evidentemente tutt’altro che semplice.

Per riuscirci, Thyberg sceglie la sola via probabilmente giusta per questo tipo di operazioni: abbattere i confini tra documentario e fiction. Costruisce dunque una protagonista che, pur trovando modelli di riferimento nella realtà, è frutto dell’immaginazione, e la pone in un ambiente dove tutto è invece quanto più vero possibile. Tutti gli attori intorno a lei sono vere pornostar, i registi veri registi di opere porno e anche le scene più esplicite sono affrontate nel modo più vicino possibile alla realtà. Attraverso lo sguardo di Bella, dunque, lo spettatore entra realmente a contatto con ciò che c’è da sapere a riguardo.

Una volta riuscita in ciò, la regista sembra però anche consapevole di avere il dovere di rimanere quanto più imparziale possibile. Sarebbe fin troppo facile giudicare un contesto simile, dove la donna è nella stragrande maggioranza dei casi un mero oggetto di piacere per uno sguardo maschile. Thyberg, fedele anche alle sue intenzioni documentarie, riesce dunque a costruire un film con situazioni e dialoghi attraverso cui non traspare un suo giudizio, positivo o negativo che sia. Allo stesso tempo, in modo più implicito e convincente, questo emerge in ogni inquadratura dove la protagonista è colta nella sua solitudine, circondata da una tenebrosa atmosfera di malinconia.

Pleasure Ninja Thyberg

Lo sguardo del piacere

Pleasure è dunque un film che, proprio come l’industria del porno in generale, contiene in sé una facciata esteriore e una interiore. È ufficialmente un film di finzione, ma ha chiari intenti documentaristici. Propone una rappresentazione priva di giudizio di questo ambiente, ma l’opinione della regista non può che emergere ugualmente anche se in modo meno esplicito. Ed è proprio questo costruirsi sugli “opposti” e sulle “contraddizioni” che rende Pleasure un’opera tanto affascinante e audace, quanto disturbante. Certe scene hanno evidentemente l’obiettivo di costringere lo spettatore ad immedesimarsi in situazioni scomode, specialmente per via del loro punto di vista ribaltato.

Se, come detto precedentemente, il cinema porno è costruito primariamente con uno sguardo maschile, la regista sceglie qui di farci assumere quello femminile di Bella. Si esprime anche da qui quella rivoluzione nello sguardo che negli ultimi anni è diventata tanto urgente e che in Pleasure contribuisce a proporre con forza una delle domande alla base del film: chi prova piacere? È forse Bella? O Chi la guarda? E se non è la protagonista a provarlo, cosa le resta? Il film dichiaratamente non ha risposte certe, ma ha l’obiettivo di porre questi e altri quesiti con cui riflettere su tale ambito e per il modo in cui la regista costruisce quest’indagine, difficilmente ci si dimenticherà presto di quanto visto.

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Gianmaria Cataldo
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Gianmaria Cataldo
Laureato in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è un giornalista pubblicista iscritto all'albo dal 2018. Da quello stesso anno è critico cinematografico per Cinefilos.it, frequentando i principali festival cinematografici nazionali e internazionali. Parallelamente al lavoro per il giornale, scrive saggi critici e approfondimenti sul cinema.
pleasure-recensione-ninja-thybergCon la sua opera d'esordio la regista Ninja Thyberg si addentra nelle dinamiche dell'industria del porno, raccontandole attraverso una brillante commistione di cinema documentario e di fiction. Con un racconto guidado da una spledida interprete esordiente, il film propone tanto scene estreme e audaci quanto urgenti riflessioni sullo sguardo femminile e il concetto di piacere. Il risultato è un film cupo, scomodo e tutt'altro che dimenticabile.