Pollo alle prugne: recensione del film di Marjane e Paronnaud

Pollo alle prugne

In Pollo alle prugne Nasser Ali è un talentuoso violinista, sposato e con due bellissimi bambini. Ma l’amore che ha per la musica lo avvolge al punto da offuscare tutto il resto, famiglia compresa. Così, durante un’ennesima sfuriata, la moglie fracassa per terra il suo preziosissimo Stradivari, dai cui frammenti inizierà il magico racconto di una struggente storia di un amore mai vissuto. Ma della narrazione l’elemento cardine sarà proprio la sorpresa: con il costante inserimento di elementi surreali, fantasiosi, scenografie fumettistiche, insieme all’alternanza di attimi drammatici ma dal sapore grottesco.

 

E non è casuale in Pollo alle prugne perché la coppia alla regia proviene direttamente dall’affascinante mondo dell’illustrazione.Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud sono alla loro seconda collaborazione dopo la fortunata graphic novel Persepolis e, questa volta, si cimentano in un film vero con attori in carne ed ossa. Il maestro di musica dice al protagonista, suo allievo: «Colei che hai perduto sarà in ogni nota che uscirà dalle tue dita». E’ questo il mondo che ci viene dipinto dall’incredibile sodalizio dei due registi. Una storia reale con solidi inserimenti storici, ma al limite del sogno, che guizza sempre qua e là, agguanta lo spettatore e lo fa entrare nella pellicola. Arricchito da una colorata multiculturalità, Pollo alle prugne sposa diversi generi insieme e differenti modalità di racconto. A detta stessa di Marjane Satrapi, è stato divertente già per loro percorrere tanti stili, saltare dalla parodia alla sitcom, sbizzarrendosi in innumerevoli citazioni: da Hitchcock a Méliès, passando per Sophia Loren. Citazioni, peraltro, dirette anche a loro stessi: il cinema della città si chiama Persepolis.

Si scopre persino un cast composto da piccole stelle del firmamento cinematografico: Isabella Rossellini, Chiara Mastroianni e – per i più attenti, direttamente da Pulp Fiction – Maria De Medeiros nella parte della sfortunata moglie. Una storia d’amore, di vita e – naturalmente – di morte, con tanto di angelo nero, nero al punto giusto, che ci racconta una famosa leggenda cantata anche dal Vecchioni nostrano in Samarcanda, e, con delizioso atteggiamento sarcastico, ammonisce: «Non devi certo temere che sia tardi, perché ormai è troppo tardi. La vita è una. È un peccato che tu non l’abbia vissuta quando avevi tempo».

- Pubblicità -