Qualcosa nell’aria: recensione del film di Olivier Assayas

Qualcosa nell'aria

In Qualcosa nell’aria maggio del 1968, un gruppo di ragazzi si trova a vivere il caos della rivoluzione culturale che sta attraversando l’intero paese; Gilles è un liceale di diciassette anni che in questa confusione generale cerca di trovare la sua strada divisa tra una carriera artistica e l’attivismo politico. Ben presto si ritroverà a crescere spostandosi con i suoi amici tra una città all’altra, tra Europa e Oriente per tornare a casa ed essere consapevole di sé stesso.

 

Olivier Assayas porta la sua esperienza autobiografica nella vita di Gilles con Qualcosa nell’aria, (Clément Métayer) raccontando con uno stile di regia sobrio che si sofferma su inquadrature essenziali e misurate la vita di questo ragazzo e del gruppo dei suoi coetanei ricercando più l’atmosfera generale del film che l’intreccio di sceneggiatura. Perciò l’autore scrive di personaggi poco empatici, coscienti e attivi in apparenza, ma soprattutto sbandati e indecisi nella sostanza delle loro idee. Si fingono rivoluzionari quando infondo si sono presi una sorta di pausa dalla loro vita borghese. La bravura del regista francese sta nel voler tinteggiare l’intero film di questa essenza di insicurezza e credere in un sogno che vorrebbero li guidasse lontano ma che in realtà sarà solo un inevitabile risveglio che li porterà a ragionare sulle loro vite.

Qualcosa nell’aria, il film

Qualcosa nell'aria

Assayas usa la camera per scrivere di una generazione che ha aspettato il grande sogno e che nel momento di viverlo si scontra con la polizia, contestano l’autorità dei genitori che li mantiene e scopre la rivoluzione sessuale e le droghe leggere. Ma la bravura del regista è stata nell’evitare sapientemente tutte le trappole e le storie parallele che si potevano tracciare, mentre si è preoccupato di rinfrescare la memoria attingendo direttamente dal proprio bagaglio personale, inquadrando volutamente gli alter ego dell’ex fidanzata drogata, il padre sceneggiatore tv e le mille citazioni che si percorrono per tutto il film tra dettagli di libri e voice over del protagonista, il tutto unito da una colonna sonora scelta accuratamente e facendo rientrare nella storia tutto ciò che lo ha colpito e segnato nella sua vita. Il montaggio di Luc Barnier collega la vita di Gilles tra tempi lineari ed ellissi che si sposano con i sogni e le idee di un epoca, riuscendo a trasmettere lo spirito, senza usare la rievocazione nostalgica, che molti film con questo tema sottolineano, ma anzi segue la vita di questi ragazzi anche negli errori, lasciando anche una porta aperta ad un ipotetica lieve critica di diventare adulti in quel modo.

Molto bravi sono gli attori, completamente a loro agio negli ambienti e nei luoghi della rievocazione e bravi nel ricordare la vita dei loro genitori visto che sono quasi tutti nati negli anni novanta. Oltre al protagonista spicca Lola Créton (Un amore di gioventù) e gli esordienti India Menuez e Carole Combes.

Qualcosa nell’aria non ha né politica né azione, forse per questo è piaciuto ma non ha entusiasmato al 69° Mostra del Cinema di Venezia, lo spettatore assiste con lo stesso umore lo scorrere del film. Pur trattando una tematica attuale, giovani che sembrano preoccupati per il loro futuro, ma quello che scelgono di fare lo spettatore attuale a non lo accetta del tutto, poiché si trova ad osservare vite piuttosto distanti nelle scelte e nel modo di intraprendere un percorso alla ricerca di sé stessi, che va bene per la memoria storica ma poco per l’emozione in sala.

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