Dopo aver collaborato per Gli addestratori (2024), il regista Andrea Jublin e Lillo tornano a lavorare insieme per Tutta colpa del rock, commedia musicale dove l’attore – recentemente visto anche in Cortina Express e Elf Me – ha modo di cimentarsi con una delle sue grandi passioni: la musica. Il film, da Lillo anche scritto insieme a Matteo Menduni e Tommaso Renzoni, si offre infatti agli spettatori come una rocambolesca avventura guidata dalle note rock il protagonista tenta in tutti i modi di rendere parte della sua vita, anche a costo di guai continui.
Ma è tra una nota e un’altra, tra una battuta e una gag, che in Tutta colpa del rock si inseriscono anche una serie di elementi che vanno dalla difficoltà di essere un genitore all’altezza delle aspettative dei figli fino all’importanza delle seconde possibilità. Soprattutto per coloro che, abbandonati dalla società e trattati con sufficienza, cercano solo un modo per sentirsi ancora utili e poter sognare. Un film, dunque, che portando la musica nel carcere suggerisce in modo sottile la necessità di un ripensamento di questi ambienti.
La trama di Tutta colpa del rock
Bruno (Lillo) è un ex chitarrista rock in caduta libera: bugiardo, narcisista, padre assente. Finisce in carcere dopo una lunga serie di scelte sbagliate. Quando tutto sembra perduto, un’occasione inaspettata si presenta: formare una band con altri detenuti per partecipare al Roma Rock Contest. In palio, i soldi necessari per mantenere la promessa fatta alla figlia Tina: portarla in America per un leggendario “Rock Tour”.
Al suo fianco, una “formazione” tanto improbabile quanto irresistibile: Roberto (Maurizio Lastrico), coinquilino di cella; il Professore (Elio), cinico e silenzioso; Eva (Agnese Claisse), una batterista dal carattere esplosivo; Osso (Massimo Cagnina), un gigante dal cuore fragile; e K-Bone (Naska), ex trapper con un’anima da poeta. Tra momenti comici, scontri e legami inaspettati, la musica diventa un’occasione di rinascita, amicizia e riscatto.
Quando la musica accende la speranza
“Io servo la società facendo rock. Sono in prima linea per liberare le persone con la mia musica. Fare rock non è una passeggiata, signora“, diceva Jack Black in School of Rock, la celebre commedia musicale divenuta negli anni un vero e proprio cult. Guardando Tutta colpa del rock viene facile pensare proprio a quel film e non sorprende dunque scoprire che proprio quel titolo è stato una delle principali fonti di ispirazione per questa nuova commedia capeggiata da Lillo, il quale assume il ruolo dello sfegatato fan del rock che riesce a dar vita ad una band anche dove sembrerebbe impossibile che si formi.
Se nel film con Black questo luogo era una rigorosa scuola, nel film di Jublin è invece un carcere italiano. Un luogo che permette di assegnare con maggior vigore alla musica il suo ruolo di arte capace di far sentire liberi, di poter viaggiare sul potere delle note verso luoghi e mondi lontani. Una musica che diventa simbolo di speranza all’interno di un ambiente in cui troppo spesso è facile che questa si spenga. L’intento del film non è quello di mostrare la durezza delle carceri italiane o le difficoltà da cui sono afflitte, ma come anche questo luogo possa trasformarsi in qualcosa di umanamente più utile se ne viene concessa l’opportunità.
Tutti quanti voglion fare il rock!
È una riflessione, quella appena riportata, che arriva probabilmente solo in un secondo momento rispetto alla comicità del film, al suo ritmo e anche ai suoi momenti più toccanti, ma ne è un valore aggiunto non indifferente. Nella sua semplicità il racconto si fa infatti carico di quella giusta dose di grinta che il rock – e la musica in generale – sa infondere, ma anche della sensibilità che Lillo sa trasmettere nei panni di un padre disposto a tutto per sua figlia, anche quando sembra distratto dai propri interessi.
Accanto a lui, si ritrovano una serie di comprimari ognuno con il suo momento di gloria, da Maurizio Lastrico ad Elio da Massimo Cagnina ad Agnese Claisse. Ma sono da citare anche il cantautore Naska, Valerio Aprea nel ruolo di una delle guardie del carcere e Carolina Crescentini in quello della sua direttrice. I loro personaggi aggiungono colore e vivacità al film, con momenti e tempi comici riusciti che Jublin riesce a catturare in modo spontaneo e riportare sullo schermo.
Il divertimento è dunque assicurato, all’interno di una commedia che – va ribadito – ha però più delle semplici risate da offrire. Si dimostra infatti un’opera ben congegnata al momento della scrittura, cosa che le permette di ambire a maggiori attenzioni. Tutta colpa del rock si dimostra così l’ennesimo progetto riuscito di Lillo, che insieme a Menduni, Renzoni e a Jublin intercettano una serie di tematiche e trovano il modo più coinvolgente per portarle sullo schermo, con un film che fa decisamente venir voglia di fare del rock.
Guarda la nostra intervista a Lillo, il regista Andrea Jublin e Naska
Tutta colpa del rock
Sommario
Tutta colpa del rock è una commedia brillante e travolgente, capace di toccare anche temi delicati con leggerezza e intelligenza. Il tutto è reso ancora più coinvolgente da un gruppo di protagonisti irresistibili, con cui viene spontaneo sognare di salire su un palco e scatenarsi a suon di rock.