Rido perché ti amo, la recensione del film di Paolo Ruffini

Diretto e scritto da Paolo Ruffini, con il contributo di Francesca Romana Massaro, Nicola Nocella e Max Croci, il film esce nelle sale dal 6 luglio

Rido perché ti amo recensione

Ci siamo mai chiesti cosa penserebbe di noi il bambino o la bambina che eravamo? Se sono soddisfatti di ciò che siamo diventati o se secondo loro dovremmo invece addrizzare il tiro e fare meglio? Il nuovo film di Paolo Ruffini, Rido perché ti amo, ottavo lavoro dell’attore livornese, se lo chiede per tutto il tempo. Usando come traccia da seguire la citazione di Antoine de Saint-Exupéri, il quale dice: “Il bambino che eri non si vergogni dell’adulto che sei.” A dover fare i conti con la sua controparte fanciullesca, come in una romantica fiaba, è Leopoldo, che a causa del suo processo di crescita ha smarrito chi era, diventando qualcuno che il lui bambino aveva promesso di non essere mai.

Ma a volte è difficile rimanere fedeli alle nostre stesse promesse, e soprattutto è complicato non lasciarsi influenzare dai cambiamenti inevitabili dell’età adulta, compromessi in particolar modo dalla realtà che ci circonda e ci impone d’essere in un certo mondo. Inghiottendoci in un vorticoso tornado di impegni, responsabilità e lavoro. Dal quale non possiamo uscirne se non aiutati dalle persone che amiamo. Rido perché ti amo è diretto da Ruffini e scritto insieme a Francesca Romana Massaro, Nicola Nocella e Max Croci. Prodotto da Pegasus, Qmi e Rai Cinema arriva nelle sale dal 6 luglio, distribuito da Medusa, Pegasus e Videa.

Rido perché ti amo, la trama

Leopoldo (Nicola Nocella) è innamorato di Amanda (Barbara Venturato), da quando i due erano alle elementari. Proprio in quel periodo di vita, il bambino le promette che l’avrebbe resa felice per sempre e l’avrebbe sposata il giorno di S.Valentino. A distanza di anni, quelli che erano bambini, sono adesso una coppia che continua ad amarsi e prossima al matrimonio, ma putroppo non proprio felice. Leopoldo, infatti, è risucchiato dal suo lavoro nella pasticceria, tanto da dimenticarsi di prendersi cura della donna che ha accanto e che tenta, in ogni modo, di avere sue attenzioni. Ma quando Amanda riceve un’offerta di lavoro a Parigi e lo comunica a Leopoldo, i due litigano e si riversano addosso tutto lo scontento che nel corso del tempo hanno soppresso.

Amanda così decide di partire per la Francia, e il distacco da lei fa rendere conto a Leopoldo di quello che ha perso, ma soprattutto di aver infranto la promessa che aveva fatto a se stesso quando era bambino: mai diventare un uomo cattivo, perché solo in quel momento la sua amata lo avrebbe lasciato. Deciso a riconquistarla, l’uomo cerca di esaudire tutto ciò che aveva promesso di fare ad Amanda quando erano piccoli, facendosi aiutare dagli amici di quartiere: Ciro (Paolo Ruffini), Cipriano (Greg), Sam (Daphne Scoccia), Luisa (Giulia Provvedi) e Don Cioffi (Herbert Cioffi).

Rido perché ti amo Ruffini, Greg, Provvedi, Scoccia, Nocella ed Herbert

Fra diversità e confronto con noi stessi

La romanticità di Rido perché ti amo si palesa sin dalla prima sequenza di Leopolodo e Amanda, dolci e innocenti bambini che si promettono amore eterno e una vita piena di sorrisi. Il film prende subito la piega sentimentale, che irrora ogni singolo angolo della storia, partendo dai principali protagonisti e irradiandosi ai comprimari che ritroviamo in un estemporaneo salto temporale. Nella piazza principale di un paesello del nord, in cui l’orologio del tempo sembra essersi fermato, vive ora un uomo fin troppo razionale, inghiottito dal lavoro nella sua pasticceria. Per lui non esiste più l’amore da favola che aveva promesso alla sua Amanda quando erano piccoli: anzi, adesso che è prossimo a coronarlo con un matrimonio, preferisce dare priorità agli impegni nel suo atelier (come lui stesso chiama).

Seppur gli amici che lo circondano notano il suo distacco dalla futura moglie e la sua ossessione morbosa per la pasticceria, anche loro in realtà sono chiusi nei loro problemi di provincia e nei piccoli drammi quotidiani, nonostante cerchino distrazioni esterne pur di non affrontarli e, di conseguenza, affrontarsi. Le fondamenta del film perciò sono buone, c’è un’idea narrativa di base molto incalzante, merito in particolar modo della sua inclusività, con personaggi ben assortiti che abbracciano situazioni e relazioni molto eterogenee.

Non troviamo infatti i soliti protagonisti archetipici o stereotipati, bensì persone molto differenti fra loro – come Simone Brescianini con la sindrome di down – che portano in scena quello che è davvero il nostro tessuto sociale e umano, fatto di tante ricche e bellissime diversità. Ed è forse questa la vera nota positiva di un film che, facendo leva sul sottotesto, vuole mettere in evidenza le imperfezioni, sia caratteriali che fisiche, dove tutti possiamo essere accettati e amati perché sono proprio queste a renderci unici, in una storia che vuole regalarci una grande carezza e farci ritrovare il senso di comunità.

Un discorso troppo frammentato

Se però Rido perché ti amo funziona nella scelta delle storie e dei rispettivi personaggi, non si può dire la stessa cosa della sua messa in pratica. Ruffini cerca di mettere a punto una trama corale, ma non riesce a dare sufficiente attenzione e spazio alle microstorie del racconto. La sensazione è quella di voler mettere troppa carne al fuoco e poi dimenticarsi di girarla sulla brace, con la conseguenza di averla bruciata da una parte e cruda dall’altra. Per quanto si sforzi a formulare un ragionamento nel pubblico, che va dal confrontarsi con se stessi al riflettere se siamo ancora fedeli a quelle promesse che abbiamo fatto da bambini, questo viene di continuo interrotto a causa della frammentarietà della narrazione, da cui si evince una debolezza nella scrittura.

Rido perché ti amo Simone Brescianini e Nicola Nocella

Sono tante le parentesi che si aprono all’interno di Rido perché ti amo, e molte le personalità a cui dover star dietro, e il risultato è che ci sono costanti digressioni che fanno perdere il focus dell’intero film, il quale va sfaldandosi dopo il primo atto. Anche nelle parentesi più divertenti, le battute si sforzano di strappare una risata per regalare una pausa dall’atmosfera troppo leziosa che ad un certo punto si crea, ma non sembrano ingranare la marcia, tanto da trasformarsi in dialoghi posticci. Non c’è armonia nella struttura del film e neppure fluidità a causa dell’incompiutezza dei troppi archi narattivi. I personaggi di Giulia Provvedi, Greg e Herbert, per esempio, sono buttati nel contesto senza cognizione di causa e appena accennati, e alla fine hanno una risoluzione approssimativa – ma necessaria per chiudere il racconto – che però lascia con un grosso punto interrogativo.

Il ponte empatico che Ruffini voleva costruire fra lo spettatore e i personaggi esiste solo grazie ad alcune piccole storie dal cuore immenso, come la coppia di vecchietti che da tanti anni gestiscono il bar con impegno e amore, o il ragazzo con la sindrome di down che dal diventare aiutante di Leopoldo, riesce ad aprirsi una pasticceria tutta sua. Rido perché ti amo poteva davvero puntare in alto ed essere un film vincente. Aveva tutte le carte in regola. Peccato che rimane romantica solo l’idea di fondo, sopra la quale è stato confezionato un prodotto troppo disordinato.

RASSEGNA PANORAMICA
Voto di Valeria Maiolino
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Valeria Maiolino
Classe 1996. Laureata in Arti e Scienze dello Spettacolo alla Sapienza, con una tesi su Judy Garland e il cinema classico americano, inizia a muovere i primi passi nel mondo della critica cinematografica collaborando per il webzine DassCinemag, dopo aver seguito un laboratorio inerente. Successivamente comincia a collaborare con Edipress Srl, occupandosi della stesura di articoli e news per Auto.it, InMoto.it, Corriere dello Sport e Tutto Sport. Approda poi su Cinefilos.it per continuare la sua carriera nel mondo del cinema e del giornalismo, dove attualmente ricopre il ruolo di redattrice. Nel 2021 pubblica il suo primo libro con la Casa Editrice Albatros Il Filo intitolato “Quello che mi lasci di te” e l’anno dopo esce il suo secondo romanzo con la Casa Editrice Another Coffee Stories, “Al di là del mare”. Il cinema è la sua unica via di fuga quando ha bisogno di evadere dalla realtà. Scriverne è una terapia, oltre che un’immensa passione. Se potesse essere un film? Direbbe Sin City di Frank Miller e Robert Rodriguez.
rido-perche-ti-amoL'idea di fondo del film è buona, Ruffini riesce ad amalgamare un cast ben assortito ed eterogeneo, con l'intento di costruire una storia che punti alla romanticità ma anche alla bellezza dell'essere diversi. Il problema, però, è nella sua messa in pratica, e la sceneggiatura troppo debole e la regia frammentata contribuiscono a rendere Rido perché ti amo un prodotto pasticciato e confusionario.