Sulla mia pelle: recensione del film con Alessandro Borghi #venezia75

SULLA MIA PELLE Ischia Film Festival

Presentato in apertura della sezione Orizzonti durante Venezia 75, Sulla mia pelle di Alessio Cremonini è il racconto dell’ultima settimana di vita di Stefano Cucchi, dall’arresto al decesso in custodia cautelare, il 22 ottobre.

 

Il film di Cremonini è un racconto da vicinissimo degli ultimi giorni della vita di Stefano, visto attraverso gli occhi del giovane, sulla sua pelle, appunto, sui suoi lividi e la sua atroce sofferenza. Proprio come una via crucis durante la Quaresima, il film conta le sue stazioni, i giorni, scanditi da scritte bianche, giorni passati a soffrire e a tacere, nei momenti decisivi, l’identità dei suoi aggressori.

Il regista sceglie di stare il più vicino possibile al suo protagonista, trascurando quello che poteva essere invece una chiave di lettura alternativa, ovvero i tentativi della famiglia di riuscire a vedere e ad avere notizie di Stefano, durante il suo calvario. Lontano dalla sofferenza dei genitori e della sorella, ma dentro, in profondità, a quella del protagonista facendoci sentire la solitudine, la paura. Tanto dolore raccontato con delicatezza, tanto che in un momento specifico arriva alla mente addirittura la carezza della macchina da presa di Pasolini sul suo Ettore morente di Mamma Roma.

Il racconto di quello che è accaduto a Cucchi, il suo rimbalzare, malconcio e sofferente, da una cella all’altra da un interrogatorio a una visita, si alterna a poche scene dedicate ai genitori e a Ilaria. Sono questi i punti deboli del film, che Cremonini mette in scena in maniera svogliata.

Volto di Stefano è Alessandro Borghi, che regala la sua prova d’attore migliore, fino a questo punto della sua carriera. Il lavoro di mimesi è perfetto, lo sguardo, la voce persino, identica a quella del disgraziato. Un ruolo insidioso, che poteva facilmente trasformarsi in uno scimiottare la persona, eppure l’attore romano rimane in sella, aiutando la storia a progredire verso l’ineluttabile conclusione già scritta.

Grazie anche alla sceneggiatura di Lisa Nur Sultan, Cremonini fa rivivere Stefano, senza cancellarne le macchie, senza santificarlo, dando un volto di carne e lividi a quell’indistinto Cucchi che da tanto tempo, per molti, è stato solo un nome, “solo” quella foto di un giovane morto, con gli occhi tumefatti, un’immagine terribilmente abituale che rischia, da sola, di rendere assuefatti all’indignazione e al dolore. Sulla mia pelle mostra, con piglio asciutto e spietato, la sofferenza, il dolore di un uomo che ha incontrato la sua fine in una maniera assurda e ingiustificabile.

Sulla mia pelle è la via crucis di un “povero cristo”, un peccatore, morto inascoltato, senza le lacrime della famiglia, senza le carezze della madre, in solitudine.

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