Tempo instabile con probabili schiarite: recensione del film con John Turturro

Tempo instabile con probabili schiarite

Marco Pontecorvo, figlio d’arte e affermato direttore della fotografia, regista di film tv e cinema (PA-RA-DA, 2008) firma questa commedia tra reale, surreale e animazione: Tempo instabile con probabili schiarite. “Rebelot”, “caos” in dialetto padano, era inizialmente il titolo. L’idea è infatti quella di un evento che sconvolge gli equilibri di un tranquillo paesino di provincia, mettendo a dura prova una solida amicizia e facendo emergere contrasti nell’intera popolazione.

 

Nel film Tempo instabile con probabili schiarite c’è l’Italia delle opposte tifoserie, delle contrapposizioni aprioristiche, l’eterno vizio ipocrita di puntare il dito l’uno contro l’altro, spesso in barba al buon senso. Si mostrano in chiave leggera burocrazia soffocante, opportunismo politico, multinazionali a caccia d’affari, ci s’interroga sulla convenienza dello sfruttamento petrolifero in Italia. Senza dimenticare le nostre risorse: capacità di rinascere dalle difficoltà o d’inventarsi un futuro. Su tutto, più o meno in fondo, amicizia e bontà d’animo. Tuttavia, contrapposizioni, vizi e mali vengono esasperati e diventano uno schema d’azione ripetuto troppe volte, che perde efficacia.

Tempo instabile con probabili schiarite, il film

Cosa succede se due amici, Giacomo (Luca Zingaretti), attento al profitto e al proprio benessere, pur senza dimenticare gli altri, ed Ermanno (Lillo), sempre “sulle barricate” per le giuste cause, onesto, solidale, scoprono di avere sotto i piedi un pozzo di petrolio, proprio nel cortile della loro cooperativa che fabbrica divani, sull’orlo della bancarotta? Cosa decideranno di fare? E gli abitanti del piccolo paese delle Marche in cui vivono, che ne penseranno? Intanto, con l’aiuto della loro contabile Paola (Carolina Crescentini), consultano l’ingegnere italo-americano Lombelli (John Turturro) per stimare l’entità del pozzo e valutare se investire nello sfruttamento, mentre i loro figli – Gabriele e Tito, disegnatore provetto di fumetti – cercano di capire cosa fare da grandi.

Gli inserti d’animazione, che esemplificano il conflitto generazionale tra Ermanno e Tito, spezzano però il ritmo della commedia. I buoni spunti e l’idea originale di partenza perdono parte del loro potenziale per via di una trama tutto sommato prevedibile, figlia di un approccio semplificatore.

Resta una commedia di caratterizzazioni, retta sostanzialmente da tre interpretazioni. Nonostante la loro opposizione spesso meccanica e un dialetto non proprio nelle loro corde, Zingaretti e Lillo colorano le loro performance, grazie a una naturale immedesimazione e assieme a John Turturro – eccentrico ingegnere dal fascino misterioso – creano una curiosa ma efficace amalgama. Con i molti comprimari sembra si voglia restituire un compendio enciclopedico dell’italianità, ma si finisce per cadere nella banalizzazione.

Tempo instabile con probabili schiarite sconta dunque un eccessiva semplificazione e si perde nella ricerca di un equilibrio che non trova tra fumetto e commedia, impegno e divertimento, strappando non più di qualche sorriso.

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