The Devil and Father Amorth: recensione del doc di William Friedkin

The Devil and Father Amorth

Oltre quaranta anni dopo la realizzazione del suo film più famoso, L’Esorcista (1973), William Friedkin si interroga, usando il linguaggio del documentario e del diario filmato, su quel tema che aveva affrontato in maniera istintiva e senza la preparazione culturale ed emotiva che a suo stesso avviso avrebbe richiesto: il risultato è The Devil and Father Amorth.

 

Per indagare sceglie di seguire una vera superstar della lotta al demonio, ovvero Padre Gabriele Amorth, esorcista del Vaticano e della Diocesi di Roma da trentacinque anni. Lo segue durante i rituali di uno dei suoi ultimi casi, una ragazza arrivata al ragguardevole traguardo del nono esorcismo.

L’Esorcista è un vero e proprio capolavoro, sia per gli amanti dell’horror che per un pubblico più evoluto, alla ricerca di contenuti, riflessioni e sguardo d’autore. Ha aperto la strada a un genere del tutto particolare, incentrato sulla possessione diabolica e sulla lotta al maligno. A detta di Friedkin, lo stesso padre Amorth si complimentò con lui, dicendogli che fosse il suo film preferito e ringraziandolo per aver contribuito a far conoscere e permettere di comprendere il suo delicato lavoro. Allo stesso tempo però lo rimproverò per aver calcato un po’ troppo la mano con effetti speciali esagerati e situazioni alquanto impressionanti.

Afferma il regista, che prima di girare il film, non aveva mai assistito a un vero esorcismo e non ne sapeva assolutamente nulla, come del resto Bill Blatty che scrisse il romanzo e la sceneggiatura. All’epoca non esisteva una documentazione adeguata, non c’erano libri e quel poco che si poteva reperire era totalmente irreale o inventato in maniera esagerata.

Dopo aver studiato e meditato per tanti anni su quel tema Friedkin decise di voler continuare a indagare con il mezzo cinematografico, ma tralasciando ogni forma di narrazione costruita o di messinscena. Così contattò un amico teologo chiedendogli se fosse stato possibile incontrare Padre Amorth. Il sacerdote non solo acconsentì, ma lo autorizzò a seguirlo e a filmare un suo esorcismo. La sola condizione fu che non ci fosse troupe e luci, in modo da non interferire e non disturbare durante il delicato rituale.

The Devil and Father Amorth, il film

The Devil and Father Amorth è la testimonianza di quell’esorcismo, celebrato in occasione del novantunesimo compleanno di Padre Amorth, poi venuto a mancare nei mesi successivi. Le riprese effettuate in quella giornata sono poi state sapientemente integrate con interviste a medici, psichiatri e religiosi, in modo da avere diversi commenti e punti di vista su quanto accaduto. Friedkin sostiene di aver vissuto e documentato un’ esperienza sconvolgente, che il film da lui realizzato è un viaggio esplorativo e la chiusura di un cerchio iniziato più di quarantacinque anni fa.

Tuttavia si avverte troppa enfasi nella narrazione di Friedkin, sempre condotta in prima persona, ponendosi davanti alla macchina da presa, anche quando per necessità si cala nel ruolo di videomaker. In molti casi racconta la sua esperienza su quegli stessi luoghi reali dove girò L’Esorcista. Quando si affida solamente alle parole per descrivere accadimenti a suo dire terribili, per cause fortuite viene a mancare il materiale video, cosa che purtroppo lascia intendere che la sua possa essere suggestione.

La cittadina di Alatri, dove vive Sabrina, la posseduta che viene sottoposta ai ripetuti esorcismi, viene descritta come una sorta di borgo sperduto chissà dove, una sorta di roccaforte del male rimasta isolata nel tempo, dove per raggiungere la chiesa è necessario inerpicarsi per un’ora e mezza. Nonostante si tratti di un documentario si avverte purtroppo una costruzione tipica di determinati meccanismi di genere, quando non si cade in veri e propri luoghi comuni.

Certo, Friedkin è comunque un narratore navigato e il film cattura, incuriosisce, ma non mostra o racconta nulla di così convincente da divenire un documento importante, né dal punto di vista antropologico o psichiatrico, né tantomeno da quello religioso. Con questo non si vuole assolutamente mettere in dubbio l’autenticità di fatti o persone, ma non si avverte dalle riprese quella forza sovrumana che il posseduto dicono abbia, non si sente una voce o un suono che le corde vocali del soggetto non sia in grado di emettere, non si ascoltano lingue incomprensibili. Si percepisce però una grande fede, si avverte la lotta eterna tra bene e male, la volontà di non alimentare e combattere senza indugio ciò che viene avvertito come malefico.

Forse l’aspetto più interessante e toccante è il dibattere tra scienza e fede, mettendo a confronto le due posizioni opposte, ma inaspettatamente aperte l’una nei confronti dell’altra. Spiazzante è la testimonianza del Vescovo di L.A., che con grande umanità confessa che non potrebbe mai celebrare un esorcismo, per la troppa paura; dice che per fare una cosa simile c’è bisogno di una fede fortissima,  di una forza di spirito non comune, che lui non sente di avere.

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